3 lezioni di marketing dal Coronavirus
Inizio forte e chiaro: hai frantumato la minchia.
Con questo clima da notte sotto i bombardamenti, intendo.
Lo dico con affetto e amicizia.
Chiarisco per non essere frainteso.
Il Covid-19 è un problema importante, che va affrontato con grande serietà, e gestito con la massima cura e attenzione, da parte di governi e cittadini.
È interesse mio e di chiunque altri possegga del buon senso fare in modo che il virus sia debellato nel più breve tempo possibile, per il benessere e la salute di tutti e, soprattutto, prima che il sistema sanitario collassi.
La faccenda è serissima.
Ma ciò non toglie che i toni di moltissimi concittadini, infiammati da mass media irresponsabili, siano inutili e potenzialmente molto dannosi.
Le prossime righe non vogliono in alcun modo svuotare il problema dei suoi contenuti.
Soltanto, proviamo a leggere il fenomeno sociale con la lente del marketing, e vediamo di tirarne fuori 3 lezioni utili nel nostro lavoro.
Avanti.
1. Il framing
Immagina che oggi io ti dica che voglio assolutamente presentarti un mio grandissimo amico, e insista molto affinché vi conosciate sbandierando che è un tipo simpaticissimo col quale ti troverai bene immediatamente.
Quando te lo presenterò realmente, basterà che questi ti saluti stringendoti la mano, per far scattare una molla nel tuo cervelletto che dice “In effetti sembra proprio una persona piacevole”.
Viceversa, se ti presentassi la stessa persona dicendoti che si tratta di un incredibile antipatico, altezzoso e supponente, basterebbe la stessa stretta di mano di cui sopra per farti pensare “Uhmm in effetti non mi ha nemmeno sorriso, deve essere proprio uno che se la tira di brutto”.
Perdonerete la banalizzazione.
Ma ci siamo capiti: il contesto conta.
Riuscire a costruire una cornice ad hoc (framing) è la base per indirizzare una percezione.
Se tu sai che siamo in una situazione di diffusione di una malattia, questa consapevolezza rappresenterà la cornice entro la quale incasellerai tutte le successive informazioni che riceverai, che saranno così interpretate e lette in funzione della cornice stessa.
Aprendo il giornale, andrai subito a leggere il numero dei morti giornalieri, commentando poi con “Porca zozza, lo vedi? Aumentano ogni giorno, qui fra un po’ potrebbe toccare a me!”
Se il framing fosse, viceversa, costruito con una logica opposta, ovvero se ogni giorno ci raccontassero in tv che il paese sta reagendo alla grande, che i nostri medici si distinguono nel mondo per capacità risolutiva e competenza, che le misure stabilite dal governo sono efficaci e ben studiate, beh ecco che aprendo lo stesso giornale di cui sopra, andresti probabilmente a leggere il numero dei guariti giornalieri, commentando con “Ottimo, vedi? Ne guariscono sempre di più, stiamo andando sempre meglio!”
Il framing è uno dei tanti bias cognitivi che regolano le nostre percezioni.
Per i meno avvezzi, il bias è un giudizio (o meglio dire, pre-giudizio), che formuliamo su un certo fatto, e che non corrisponde necessariamente all’evidenza, ma è sviluppato piuttosto sulla base dell’interpretazione delle informazioni, parziali o errate, in proprio possesso.
Insomma, per farla beve, il nostro cervello non è in grado di elaborare facilmente informazioni complesse, per cui ha bisogno di semplificare la realtà riducendola a schemi mentali molto più facili.
Così, il più delle volte finisci per farti un’idea in base all’intuizione del momento e non in base a una analisi precisa e a un procedimento di verifica.
QUINDI:
Nel tuo marketing, costruisci un framing funzionale al modo in cui vuoi che le tue informazioni vengano percepite. La cornice che costruirai indirizzerà il modo in cui le informazioni che passerai saranno lette e percepite.
2. Lo storytelling
In ogni storia che si rispetti, c’è un protagonista e un antagonista.
L’antagonista è il nemico che impedisce all’eroe di raggiungere la sua meta, e che bisogna sconfiggere per raggiungere l’agognato premio.
La presenza di un antagonista in una storia è fondamentale, perché senza di questo – e il conflitto che quindi ne scaturisce – non esisterebbe la storia.
Immagina se Biancaneve non avesse dovuto vedersela con la Strega malvagia.
La storia sarebbe suonata più o meno così:
“Biancaneve si innamora del Principe Azzurro, anche a lui piace lei, e così si sposano.”
Pensacheppalle!
In questa storia contemporanea di contagio transcontinentale, il protagonista è il popolo italiano, e il premio da raggiungere è la conquista di una ritrovata salute collettiva.
Nella narrazione del fenomeno Covid-19, il nemico è stato servito su un piatto d’argento.
In primis, tutti gli omini con gli occhi a mandorla.
Gli untori cinesi sono diventati il primo nemico da abbattere.
Che poi, nemmeno era importante che fossero realmente cinesi, bastava che avessero sembianze vagamente asiatiche per essere additati, evitati, schivati e schifati.
Quando non proprio malmenati.
Da qualche giorno l’antagonista invece è l’italiano nordico, meglio se lombardo.
È lui l’untore da scansare adesso.
Il lumbàrd ci sta impedendo di riprenderci la nostra normalità, dagli all’untore del nord!
E così la storia si fa avvincente: abbiamo qualcuno da additare, qualcuno da cui fuggire a gambe levate, qualcuno su cui addirittura costruire centinaia di meme sui social.
Funziona, cavolo.
C’è un fatto importante da tenere a mente.
L’antagonista, ovvero la persona o la cosa che ci separa dal “premio”, per funzionare nel marketing deve sempre essere esterno a noi stessi.
Faccio un esempio: nel fenomeno del cambiamento climatico (che pure ha e avrà conseguenze ben più gravi del Covid-19), noi siamo contemporaneamente gli eroi che vorrebbero riottenere un pianeta sano, ma anche gli antagonisti che lo stanno facendo ammalare.
Insomma, l’antagonista siamo noi stessi.
È ovvio che non potremo mai combattere noi stessi.
Per cui non può funzionare.
QUINDI:
Nel tuo marketing, trova un nemico comune da sconfiggere. Ma ricorda che il nemico non può essere il tuo cliente, perché nessuno combatte contro se stesso.
La colpa di ciò che accade al tuo cliente, non può essere la sua.
3. Il tempo e lo spazio.
Giorni fa nel quartiere in cui abito è accaduto un fatto molto brutto: intorno a mezzanotte, tre balordi a volto coperto hanno aggredito un ragazzo di 21 anni mentre rientrava in casa e gli hanno puntato una pistola alla tempia.
L’hanno caricato in macchina e trascinato a uno sportello bancomat, dove l’hanno costretto, sempre sotto minaccia dell’arma da fuoco, a prelevare più denaro possibile.
Poi sono scappati via.
Ora, abito in quel quartiere da 30 anni e non si è mai verificato nulla di simile.
È un quartiere notoriamente considerato tranquillo e benestante, al massimo si è verificato qualche furto in casa, ma mai una scena da Gomorra come questa.
Fatto sta che da quel giorno tutti nel quartiere parlano di questo fatto, e commentano dicendo che la zona ormai è diventata pericolosa.
Ora, lungi da me sminuire la gravità di un episodio del genere, scioccante sotto molti punti di vista.
Ma da qui a ritenere il nostro un quartiere pericoloso ce ne passa.
E allora perché dicono così? Cosa è accaduto?
È accaduto semplicemente che quello che normalmente senti avvenire in altre città o in altre nazioni, oggi ti è successo sotto casa.
Vicinissimo a te.
È cambiata cioè la variabile “spazio”.
- Se fanno un attentato a Beirut e muoiono 100 persone ti dispiace ma un attimo dopo stai già pensando all’aperitivo.
- Se fanno un attentato a Parigi e ne muoiono 30, resti incollato alla tv per una settimana a seguirne gli sviluppi, mentre posti sui social bandiere di solidarietà e foto listate a lutto.
- Se fanno un attentato a Milano e muore 1 persona, ti barrichi in casa e non fai più andare i tuoi figli a scuola.
La variabile “spazio” influisce sulla percezione dei fatti.
Così come il “tempo”.
Fumare uccide, tutti gli studi dimostrano ormai da decenni il legame fra fumo e malattie polmonari e cardiache.
Eppure quando a 15 anni fumi le tue prime sigarette sul muretto davanti a scuola questo rischio non sembra preoccuparti tanto.
Come non ti preoccupa a 30 anni quando accendi la sigaretta in pausa caffè al lavoro o a 50 mentre dai una bella tirata di Marlboro nel chiuso dell’abitacolo.
In fondo, è un rischio di cui potrai anche occuparti più in là.
Quando il rischio è lontano nel tempo, è percepito in modo lieve. Lievissimo.
Anche se si tratta di un rischio di per sé enorme: le sigarette causano ogni anno 7 milioni di morti nel mondo, 80mila solo in Italia (dati Oms).
Il Covid-19 in confronto è una barzelletta in quanto a letalità.
Ma è una morte ravvicinata nel tempo.
È imminente, è rapida.
Fra il contagio e la (eventuale, improbabile) morte passano alcuni giorni, al massimo settimane.
Per cui vai fuori di testa e saccheggi il supermercato come sotto i bombardamenti.
QUINDI:
Nel tuo marketing ricorda che gli argomenti persuasivi che proponi devono essere percepiti vicini al tuo cliente, nello spazio e nel tempo.
Inutile parlare di cose astratte o teorie filosofiche, serve spiegare piuttosto cosa accadrà al tuo cliente qui e oggi.
Che ne pensi?