____________________________________________________
<h1>Tu ce l’hai un piano B?</h1>
____________________________________________________
✈️
Di quel giorno all’aeroporto di Sydney ricordo tutto.
Dopo 25 ore di volo, e quasi altrettante per superare i controlli sicurezza e recuperare tutti i bagagli, mi trovavo finalmente all’esterno.
Il sole spaccava il cielo, era piena estate (lo era lì, in Italia era pieno inverno).
Sotto una tettoia erano disseminate una miriade di panchine, ne scelsi una.
Prima di sedermi, misi per bene eretto il trolley gigante e ci poggiai di fianco lo zainone da 100 litri che negli anni mi aveva accompagnato in mille battaglie.
Adagiai le terga sulla panca e stappai una bottiglietta di acqua frizzantissima, la più frizzante della galassia. di quelle che evidentemente usano per sminare, sennó non si spiega.
Alle mie spalle l’aeroporto.
Davanti a me uno spazio sterminato.
Sia fisico che metaforico.
————————————————————
Avevo deciso di lasciare l’Italia, e con essa una carriera molto ben avviata in multinazionale, carriera che prometteva il meglio.
Lo avevo fatto contro il parere di colleghi, capi, anche famiglia.
“Queste cose si fanno a vent’anni, non a trenta”, dicevano i miei.
“Ma tu l’hai capito o no, che stai lasciando una carriera brillante per non sai neanche tu cosa?”, dicevano i miei capi.
“Ma se poi ti va male?”, chiedevano i colleghi.
Per me la risposta per tutti era la stessa, ed era semplice: non puó andare male.
Non. Puó. Andare. Male.
Infatti non avevo un piano B.
Abbandonavo la mia zona di confort, il mio paese, il mio ottimo lavoro, per giocare le mie carte e ripartire da zero in un paese anni luce distante dal mio, senza un contatto, senza una conoscenza.
Avevo un solo piano: il piano A.
In pratica mi stavo lanciando senza rete di protezione.
Non sono molte le occasioni nella vita in cui mi sono avventurato senza un piano B in tasca.
Questa è stata una di quelle.
E la ragione era facile: perchè il piano B era quello che stavo già vivendo.
Intendiamoci: avevo tutto quello che si potesse desiderare, sia a livello personale che professionale.
Nulla di cui lamentarsi, e anzi tutto per cui ringraziare.
Ma, semplicemente, quello non era il MIO piano A.
————————————————————
Le cose in Australia non sono state per niente facili, e ci sono stati anche momenti in cui ho pensato “ma chi cazzo me l’ha fatto fare”.
Alla fine tutto è andato in modo enormemente migliore rispetto a qualsiasi mia rosea aspettativa.
A livello personale ho conosciuto me stesso, sono cresciuto tantissimo, ho incontrato persone fantastiche.
A livello professionale sono entrato in una grandissima azienda italiana, una di quelle che ci fa conoscere nel mondo, ho lavorato con decine di lingue e culture (solo nel mio ufficio pascolavano oltre una ventina di nazionalità differenti), ho coordinato attivitá spalmate lungo un tot di continenti.
Quando ho deciso che avrei fatto ritorno in Europa, ancora una volta sapevo che quella non era affatto la decisione più facile.
Ma avevo ancora un altro piano in mente: il piano AA.
Hai letto bene, AA.
Che è quello che sto realizzando in questi anni, l’attivitá di formazione per multinazionali da un lato, e per professionisti dall’altro.
Sto realizzando un sacco di cose bellissime, tra cui l’uscita del mio nuovo libro “Rubare 7 segreti di Personal Marketing a 7 politici di successo“, ovvero “vendere il tuo nome come un professionista“.
(Puoi leggere le recensioni qui, e accaparrartelo qui!)
Quando questo piano sará compiuto, sará il momento del piano AAA (che per ora non vi svelo 😄).
————————————————————
Perchè vi racconto questo spaccato di mia vita passata?
Perchè voglio condividere alcune lezioni imparate.
✅La prima.
Il piano A è quello che quando ci pensi senti che non vorresti altro.
Resto sempre sul piano professionale perchè sapete che delle vite private delle persone non mi occupo.
In questo gruppo è pieno di professionisti che vorrebbero emergere fra tanti, dipendenti che vorrebbero diventare professionisti, imprenditori che vorrebbero far crescere l’azienda, dipendenti che vorrebbero trovare un ambiente in cui sentirsi più valorizzati, professionisti che vorrebbero evolvere in imprenditori.
Questi sono i vostri piani A, altro non c’è.
✅La seconda.
Se hai un grande progetto, e quello per te è il piano A, devi stracciare via tutti i piani B.
Insomma, le reti di protezione non ti permetteranno mai di dare il meglio.
“Beh se dovesse andar male posso sempre…”.
“Beh se non riesco ho comunque il ripiego di…”.
“Beh anche se non va casco comunque in piedi…”.
Ecco, queste sono tutte frasi che ti terranno inchiodato al piano B, col rischio pressochè certo che questo si trasformi presto nel piano C, e poi scivoli nel D, e giù giù finchè un giorno non ti domanderai per quale stracazzo di motivo sei rimasto così indietro rispetto ai tuoi sogni e progetti.
✅La terza.
Il tempo conta.
Inutile girarci intorno, arriva un momento in cui puntare al piano A non è quasi più realizzabile.
La vita va avanti nel suo confortevole piano B, e a un certo punto ti trovi che sei impaludato e da lì è quasi impossibile uscire.
✅La quarta.
Il piano A non è mai il punto di arrivo.
Se hai la fortuna e la tenacia di realizzare il piano A, a quello seguirá un piano AA.
L’istinto e la spinta all’evoluzione è la caratteristica più radicata e naturale che ci sia in ogni essere umano.
Ma per evolvere è necessario sentirsi stretti gli abiti che si hanno addosso.