Ancora 3 lezioni di marketing dal Coronavirus
“vabbè, chissenefrega”.
Questa è stata per quasi tutti la reazione alle primissime notizie che arrivavano circa un nuovo virus che stava causando qualche problemino nella lontanissima Cina.
In fondo, è pieno di gente che si ammala nel mondo.
Da quei giorni di sostanziale indifferenza fino a oggi sembra passato un secolo, eppure si tratta di pochi giorni soltanto.
Nell’articolo della scorsa settimana (https://alessandroprincipali.com/3-lezioni-di-marketing-dal-coronavirus/) abbiamo condiviso 3 leve psicologiche che hanno giocato un grande ruolo nella percezione finale del pericolo.
Oggi ne condividiamo altre 3.
In tutti e 6 i casi, queste leve possono trovare applicazione nel tuo marketing.
Così, vediamo di tirarne fuori 3 lezioncine utili nel nostro lavoro.
Avanti.
1. Il linguaggio
Il cambiamento climatico va gestito con attenzione.
L’emergenza climatica va gestita con attenzione.
Quale delle due frasi ti provoca maggiore turbamento?
Immagino la seconda.
È normale.
Il “cambiamento” è un termine molto più soft rispetto all’”emergenza”.
Che i media e gli esperti facciano abbondante uso di termini sensazionalistici è un dato di fatto, e d’altra parte è comprensibile: fanno vendere più copie e fanno fare più ascolti.
È interessante osservare come anche nel caso del coronavirus si sia passati in poco tempo dal parlare di virus, poi di contagio, poi di epidemia, infine di pandemia.
Man mano che l’uso dei termini è mutato, è cambiata la percezione delle persone circa la gravità del problema.
Per ottenere un comportamento preciso, occorre adottare un linguaggio adeguato.
Per convincere 60 milioni di persone a chiudersi in casa per settimane, è necessario comunicare loro con un linguaggio che evochi l’eccezionalità della situazione.
Occorre far respirare un clima da fine del mondo, altrimenti la gente in casa non ce la chiudi.
Il linguaggio è importante, perché impatta sul tipo di corde che vibreranno nella testolina di ciascuno di noi.
Di conseguenza, definisce il modo in cui il messaggio sarà infine recepito.
QUINDI:
nel tuo marketing, il tipo di linguaggio che utilizzi definisce la percezione finale che otterrai in cambio.Se vuoi provocare determinati comportamenti, le parole che usi devono essere selezionate col bisturi.
2. F.O.M.O.
Fear Of Missing Out.
Ovvero, Paura di Restare Fuori.
La facilità con cui un essere umano si annoia è disarmante.
Siamo progettati per cercare continuamente nuovi stimoli, e rifuggiamo come la peste parole come “abitudine” e “routine”.
Appena percepiamo che c’è qualcosa di nuovo, potenzialmente di grossa portata, e magari anche un filo pruriginoso, sentiamo il bisogno di interessarcene, in un modo o nell’altro.
Pensate al Festival di Sanremo.
Quest’anno ha sbriciolato ogni record di ascolto, serata dopo serata.
O a fenomeni come il Grande Fratello, i mondiali di calcio.
La paura, più o meno consapevole, di poterci perdere qualcosa di cui probabilmente si parlerà per i giorni successivi, o (come nel caso della pandemia in corso) per i prossimi anni, ci spinge ad interessarci a nostra volta al fenomeno nel tentativo di saperne più possibile.
Notiziari, aggiornamenti, statistiche.
Questo ci garantisce la possibilità di dire la nostra nel corso di conversazioni, o di muovere critiche dall’alto della nostra conoscenza dei fatti (“per me doveva vincere Achille Lauro”, “per me era rigore”, “per me il Grande Fratello è diseducativo”, “per me bisognava chiudere da subito tutti i negozi”).
QUINDI:
nel tuo marketing, fai in modo che chi ti segue abbia la sensazione che, se non ti seguisse, si perderebbe qualcosa di veramente importante. Viceversa, seguendoti, avrà non solo la possibilità di ottenere un beneficio dai tuoi servizi, ma anche di poter avere voce in capitolo quando con la sua cerchia parlerà di determinati argomenti di interesse comune.
3. Allarmismo evolutivo
Ricordiamo tutti cosa stavamo facendo l’11 settembre 2001.
Ricordiamo tutti dove eravamo nel momento in cui abbiamo ricevuto quella telefonata che ci avvisava di un lutto importante.
Ricordiamo tutti le nottate passate a rimuginare o disperarci per la prima grande delusione amorosa.
Registriamo questo tipo di esperienze in modo molto più forte rispetto alle esperienze positive.
È così.
Lo so, è brutto, ma è così.
Siamo programmati per tatuarci sulla pelle le emozioni forti, questo lo sappiamo tutti.
Ma forse non tutti sappiamo che, fra le emozioni forti, quelle a tinte scure sono restano in modo ancor più profondo di quelle a tinte chiare.
Insomma, abbiamo una naturale predisposizione a ricordare eventi spiacevoli e fatti negativi.
L’amigdala – ovvero la parte del cervello che regola le emozioni – impiega la maggior parte del suo tempo a rilevare input esterni che recepiamo come pericolo.
È, tutto sommato, la caratteristica che ci ha permesso di non soccombere ed evolvere.
Per capirci, essere allarmisti ci ha permesso di arrivare dove siamo, per cui continuiamo ad esserlo anche oggi.
laddove esista una – vera o presunta – percezione del rischio, le informazioni passeranno in modo più forte, e tenderanno ad essere maggiormente ricordate.
QUINDI:
nel tuo marketing fai in modo di alimentare una reale percezione del rischio, prima di veicolare i tuoi messaggi più importanti. Non si tratta di spaventare la gente, ma di costruire una cornice di potenziale pericolo che chi ti ascolta sta effettivamente correndo, così che i tuoi messaggi vengano registrati con maggiore profondità
Da casa è tutto, fatemi sapere cosa ne pensate.
#QuarantenaValeLaPena.