Come scegliere un Collaboratore se sei un Professionista - Alessandro Principali

Come scegliere un Collaboratore se sei un Professionista

Chiunque di noi ha esperienza con qualche forma di selezione

Magari hai partecipato alle selezioni per un ruolo in qualche azienda.

O magari ti sei trovato a dover scegliere collaboratori o collaboratrici per le tue attività.

O semplicemente hai partecipato a un concorso, o un esame, per cui sei stato valutato.

Per un Professionista come te, è possibile che arrivi il momento, se non è già arrivato, in cui ti trovi dall’altra parte della barricata, e devi essere tu stavolta a selezionare altre persone.

E allora saper scegliere la persona migliore diventa essenziale.

Chiarisco un punto: la persona “migliore” non esiste.

Esiste la persona “più adatta” alla tua situazione e ai tuoi obiettivi.

Che potrebbe non coincidere necessariamente con la più competente, o la più brillante, o la più istruita.Per scegliere le persone di cui circondarmi, mi baso sulla mia esperienza, che fortunatamente ha diverse sfaccettature.

Innanzitutto sono stato molte volte candidato, nella mia precedente vita da dipendente.

Ho partecipato a selezioni per ottenere stage, un posto da semplice collaboratore così come per posizioni manageriali di alto profilo.

Ho cercato e ottenuto lavoro da dipendente in Italia e all’estero, in Europa e in Australia.

Non vi nascondo che tutt’oggi, pur dopo molti anni di professione autonoma, mi candido per posizioni interessanti più o meno una volta l’anno.

Lo faccio principalmente per tenermi allenato, per togliermi lo sfizio di vedere come va, e non da ultimo perché si imparano cose importanti su se stessi.

La mia esperienza con il recruiting ha poi un’altra sfaccettatura ancora.Sono stato il responsabile della selezione e dello sviluppo professionale per conto di una multinazionale francese in Italia.

Ho cercato talenti, li ho “colloquiati”, sottoposti a test e prove, scelti, fatti crescere.

E, non da ultimo, la mia esperienza col recruiting ha una terza e ultima sfaccettatura.

Ovvero quella di un Solopreneur che cerca collaboratori e collaboratrici per il proprio business.

Oggi ti riporto la mia esperienza, che non è Legge, ma a me funziona.

Partiamo.

Competenze sì, ma…

Primo punto: perseguo il principio per cui

“We hire for attitude, we train for skills”

Ovvero, “Assumiamo le attitudini, formiamo le competenze”

Quello che intendo dire è che, personalmente, metto le competenze sempre in secondo piano.

Non perché non siano importanti, non fraintendermi, ma perché so che queste potranno sempre crescere nel tempo, magari anche grazie al mio aiuto.

Le attitudini, invece, no, o è comunque molto difficile.

Eppure le considero le fondamenta su cui costruire una collaborazione duratura.

Le attitudini

Prima di cercare la persona nel mucchio, definisco quali sono le caratteristiche personali che voglio trovare.

  • Che persona sto cercando?
  • Come desidero che si comporti?
  • Che tipo di relazione voglio instaurare?

Sono domande le cui risposte potrebbero erroneamente apparire facili.

D’istinto chiunque infatti direbbe roba tipo:“Voglio una persona intelligente, volenterosa, simpatica”.

Ma non è così semplice.

Ovvio che tutti vorremmo collaborare con persone intelligenti, volenterose e simpatiche.

Ma è necessario essere più precisi ancora.

Vuoi, per quel ruolo specifico, una persona con spirito “imprenditoriale” o “impiegatizio”?

(passami le espressioni estremamente sintetiche)

Ci sono pro e contro in entrambi i casi.

Vuoi una persona più predisposta a prendere iniziativa, o una persona più predisposta a seguire meticolosamente le istruzioni che gli darai?

Anche qui, pro e contro in entrambi i casi.

Capisci cosa intendo?

Definire il tipo di personalità, di carattere, di attitudine che stai cercando è molto più importante delle skill tecniche.

Perché le competenze si acquisiscono, si costruiscono, si rinforzano, si formano.

Le attitudini no, te le prendi per quello che sono e, una volta scelta la persona, riuscirai a modificarle molto difficilmente, anzi è quasi impossibile.

L’esperienza

La seconda cosa da definire è il livello di esperienza.

Preferisci avere a che fare con qualcuno con molti anni di esperienza, capaci di portarti in dote un notevole background di errori commessi e successi ottenuti…

..oppure qualcuno con scarsa o nulla esperienza, che però puoi formare con le tue stesse mani, e plasmare esattamente come vuoi tu?

Anche qui, ci sono pro e contro.

Definiti questi due aspetti (attitudini e livello di esperienza), puoi iniziare il processo di selezione.

Il processo di selezione.

Oggi i collaboratori li scelgo esattamente come scelgo i Clienti.

La logica è la medesima, ed è una logica di funnel.

Faccio in modo, cioè, che le persone candidate passino attraverso un percorso che preveda un impegno crescente da parte loro, e la costruzione di una relazione, anch’essa crescente, fra me e lui/lei.

In questo percorso devo fare in modo che emergano esattamente le attitudini e il livello di esperienza che ho definito precedentemente.

Ad esempio, se sto cercando una persona con spirito d’iniziativa, dovrò fare in modo di costruire un funnel in cui, in modo crescente, i candidati dimostrino il proprio livello di spirito d’iniziativa.

Oppure, se sto cercando una persona meticolosa nel seguire istruzioni, dovrò fare in modo di costruire un funnel in cui, in modo crescente, i candidati dimostrino la propria capacità di attenersi pedissequamente a un copione.

Capisci perché è fondamentale definire queste cose a monte?

Per poterle poi misurare nel corso del funnel.

Ti porto un esempio concreto sulla base di una selezione fatta un paio di anni fa.

E ti do anche alcuni numeri.

Cercavo una persona che mi supportasse nella gestione quotidiana delle attività web e social.

Avevo definito a monte le caratteristiche personali

  • nutrire interesse reale per le mie attività
  • avere un forte spirito d’iniziativa
  • essere rapido/a nell’esecuzione
  • comportarsi come un/una partner
  • avere già una solida esperienza

Così ho messo in piedi un funnel che prevedeva diversi step.

1)

Ho reso noto su alcuni gruppi pubblici (dove non mi conosceva nessuno) che stavo cercando una persona, senza offrire eccessivi dettagli.

Ho chiesto a chi fosse interessato di esprimere semplicemente la propria disponibilità tramite un semplice commento.

Diciamo, per facilità matematica, che 100 persone hanno alzato la mano dicendo “Fico, mi interessa!”.

A tutte e 100 ho risposto pubblicamente ringraziando per la disponibilità, fornendo la mia email privata e chiedendo semplicemente di scrivermi.

Vi stupirà sapere che dei 100 interessati, solo 80 mi hanno poi scritto.

Hai capito bene.
Il 20% degli interessati si è auto-eliminato dal gioco.

Evidentemente scrivere un’email era troppo faticoso.

Rispetto agli 80 che mi hanno scritto, ho potuto già operare le prima valutazioni a caldo.

Ad esempio, c’è chi mi ha scritto subito e chi mi ha scritto dopo diversi giorni.

(e il tempismo, nella mia selezione, era un criterio di scelta).

Oppure: c’è chi mi ha scritto “Buongiorno, come da accordi ecco i mie contatti”, e chi si è invece presentato raccontandomi di sé, delle proprie attività, dei proprio punti di forza.

2)

Pur avendo già avuto impressioni a caldo che da sole potevano già escludere alcune persone, ho trattato tutti allo stesso modo.

Ho replicato a tutti ringraziando per l’interesse e scrivendo un LUNGHISSIMO testo di risposta.

L’estrema lunghezza del testo era ovviamente voluta.

Perché – ripensa un istante alle caratteristiche che stavo cercando… – volevo vedere chi si sarebbe preso la briga di sorbettarsi un papiro infinito e autoreferenziale.

In questa email raccontavo di me, di cosa faccio, dei miei obiettivi. Allegando link e materiali di approfondimento.

E ora ecco i numeri:

delle 80 persone che hanno ricevuto la mail, 30 si sono fermate di fronte all’enorme mole di materiale da leggere, e non hanno mai risposto.

Delle 50 che hanno replicato, c’è chi si è limitato a risposte mediocri, della serie “grazie, fammi sapere cosa posso fare”, e chi invece ha dimostrato – con fatti! – di essersi studiato tutto il materiale, di aver visto tutti i link inviati, e chi, inoltre, si è spinto a espormi i propri commenti, dicendomi cosa ha apprezzato e cosa avrebbe fatto diversamente.

3)

A questo punto, pur essendomi già formato delle idee grazie alle risposte ricevute, rispondo a tutti indistintamente, proponendo una call telefonica.

Esattamente come in un funnel, dunque, si sale gradualmente di livello.
Sale l’impegno richiesto, e sale anche il grado di relazione che si costruisce.

Durante la call ho applicato principi del cosiddetto metodo B.E.I., ovvero Behavioural Events Interview.

È un metodo di intervista che personalmente considero eccellente, applicato nelle migliori aziende, da me personalmente utilizzato spesso ma anche “subìto” diverse volte da candidato.

Si basa sul presupposto che gli eventi e i comportamenti passati siano in qualche modo predittivi dei comportamenti futuri.

Per cui, chiedere in che modo il candidato si è comportato in determinate circostanze, fa capire come si comporterà in futuro.

In sostanza, durante il colloquio non si chiede al candidato di raccontare idee o opinioni, ma di rendere conto di comportamenti precisi in precise situazioni.

Delle 50 call effettuate, 20 persone sono arrivate alla fase finale del funnel.

Motivo delle esclusioni?

Beh, in alcuni casi semplicemente perché i comportamenti riportati non erano in linea con i comportamenti da me auspicati.

Ma il più delle volte – ahimè – perché le persone non erano in grado di rendere conto di propri comportamenti, o di spiegarli adeguatamente.

Ad esempio:

“Mi racconti di una volta in cui hai dovuto gestire un cliente critico?”

Se a questa domanda non sai darmi risposta, vuol dire che non hai mai gestito clienti critici.

4)

Ultima fase del funnel:

ho chiesto agli ultimi superstiti di disegnare un ipotetico progetto per me.

Questo mi serviva, da un lato, per pesare le competenze (adesso sì, era il momento!).

E dall’altro per assicurarmi di quanto avessero capito di me e dei miei obiettivi.

Piccola curiosità:

la persona che alla fine ho scelto mi ha scritto, fra le altre cose:“Non ho ancora molta esperienza con i Personal Brand, ma ho molta esperienza con i rompipalle.”

OK, aveva capito molto di me.

Conclusioni:

  • ovviamente le skill sono importantissime, ma devi sforzarti di vederle anche in ottica di sviluppo futuro; la domanda da porsi per cui non è “Quanto sa/sa fare oggi“, ma piuttosto “Quanto credo che possa sapere/saper fare domani
  • scegliere una persona che ti supporti non è semplice, ma non bisogna cedere alla tentazione di seguire l’istinto (per quanto la sintonia “a pelle” possa avere anch’essa un piccolo peso)
  • serve avere le idee chiare su chi stiamo cercando, attitudini e livello di esperienza, perlomeno se stai cercando una collaborazione duratura (se hai bisogno di una persona per un progetto breve e circoscritto, al contrario, avrai bisogno probabilmente di mettere le competenze al primo posto da subito)
  • puoi scegliere di avere un fornitore o un partner; se vuoi un partner devi trattarlo come tale sin dalla fase di selezione

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