Dare al cliente ciò che chiede, oppure offrire la soluzione che credi più giusta?
Vado dritto al nocciolo. Non c’è una risposta univoca a questa domanda.
Tuttavia…
…alla fine dell’articolo, ti darò la mia personale scelta.
Partiamo da un presupposto.
Nessun, e dico nessun, ragionamento in merito può avere senso se alla base di qualsiasi consulenza non è avvenuta una adeguata analisi dei bisogni.
Che cos’è l’analisi dei bisogni?
Facile (a dirsi).
L’analisi dei bisogni è quel processo in cui facciamo emergere le motivazioni all’acquisto del nostro cliente.
Ovvero, quali sono i motivi per cui ti sta chiedendo oggi quel determinato servizio.
Una buona analisi dei bisogni non dovrebbe mai rispondere solo alla domanda
“cosa vuole il mio cliente?”
ma dovrebbe rispondere soprattutto alla domanda
“perché lo vuole?”
E qui si apre tutto un cinema.
Già, perché capire “cosa vuole il tuo cliente”, tutto sommato, è abbastanza semplice.
Il più delle volte infatti sarà lui/lei a dirtelo.
Ma “perché lo vuole”, ecco questo è tutto un altro film.
Ti dirò che anche l’espressione “analisi dei bisogni” onestamente mi ha sempre insoddisfatto.
La ritengo una definizione zoppa, poco esaustiva, e che coglie soltanto una porzione del tema.
[al netto del fatto che “analisi dei bisogni” mi fa sempre pensare alle urine in laboratorio, ma vabbè questo fa parte delle mie note deviazioni mentali]
È zoppa perché tende a limitare il discorso ai “bisogni”, ovvero a necessità ed esigenze pratiche, che rappresentano soltanto il livello più razionale del proprio sentire.
L’espressione, detta così, non viene quasi mai riferita invece ai desideri, o alle ambizioni, che rappresentano un livello già più irrazionale, e anche più emotivo, e quindi decisamente più interessante.
E nemmeno esprime appieno l’attenzione verso i disagi, le preoccupazioni, le paure, ovvero quelle leve emotive che spesso sono in grado di liberare molta più forza e spinta decisionale rispetto ai bisogni o ai desideri.
Facciamo un esempio concreto.
Un esempio banale, se vuoi, che non ha la pretesa di raccontare una verità, ma solo di farti riflettere.
E scusa se uso un prodotto anziché un servizio, ma è per capirci in modo più immediato.
Se entro in un concessionario e ti chiedo informazioni per un’auto familiare, il “cosa” voglio è già lì chiaro per entrambi.
Ovvero: voglio un’auto familiare.
Ma perché la voglio?
Quali motivazioni mi spingono all’acquisto?
Certo, per un bisogno: ovvero, ho probabilmente bisogno di spazio, per far entrare comodamente la famiglia con i bagagli.
Ma siamo ancora proprio a livello base, qui.
Quanto più profonda ancora potrebbe essere la tua analisi su di me?
Ad esempio:
- Quali sono i desideri che mi muovono verso una scelta di questo tipo?
Forse qualcuno me lo chiede, o lo indaga?
Naaa, praticamente mai.
Forse desidero fare altri figli.
Forse desidero trascorrere dei weekend cantando tutti insieme in macchina.
Chissà.
Però sarebbe interessante per te saperlo.
- Quali sono le ambizioni che mi muovono verso una scelta di questo tipo?
Forse qualcuno me lo chiede, o lo indaga?
Naaa, praticamente mai.
Forse ambisco a sentirmi realizzato come “buon padre di famiglia”, o a sentirmi riconosciuto dai miei figli come il bravo papà che porta tutta la famiglia a svagarsi.
Chissà.
Però sarebbe interessante per te saperlo.
- Quali sono le paure che mi muovono verso una scelta di questo tipo?
Forse qualcuno me lo chiede, o lo indaga?
Naaa, praticamente mai.
Forse ho paura che mia moglie continui a considerarmi “un cazzone che non vuole crescere e che ancora pensa alle macchine sportive”, e allora voglio dimostrarle che sono maturato, facendo un acquisto “responsabile”?
Chissà.
Però sarebbe interessante per te saperlo.
Insomma…
…Senza una “analisi dei bisogni” (e ok, chiamiamola così, ma abbiamo capito che dentro c’è molto di più!) adeguata, difficilmente saremo in grado di offrire al nostro cliente qualcosa che lo soddisfi completamente, e che vada anche al di là delle sue aspettative.
Ora, diamo per smarcato il fatto che l’analisi dei bisogni l’abbiamo fatta, e l’abbiamo fatta bene.
[anche se per esperienza posso dirti che nell’80-90% dei casi questa non avviene, o avviene in modo superficiale].
Diamo quindi per assodato che abbiamo capito non solo quale servizio il nostro cliente ci stia chiedendo, ma anche quali motivazioni muovano la sua scelta d’acquisto.
Diciamo che ci troviamo in quella situazione in cui abbiamo capito quale servizio ci sta chiedendo, ma siamo convinti che non sia il servizio più adeguato per lui/lei.
È una bella gatta da pelare.
Già, perché ci troviamo di fronte a un bivio:
- Gli/le diamo ciò che chiede?
oppure
- Gli/le offriamo quello che crediamo essere più giusto per lui/lei?
Ovviamente il problema non si pone se quel che ci viene richiesto va al di là dei nostri confini etici.
In tal caso, è presto detto, la risposta è:
“guarda, scusa, ma non ti posso aiutare”.
Escludiamo quindi questo caso.
Diciamo che quel che il cliente ci sta chiedendo è assolutamente etico per noi.
Semplicemente, siamo convinti che non rappresenti la soluzione migliore.
Come comportarti?
Premetto subito una cosa: ci sono mille variabili che possono entrare in gioco.
Per cui le modalità di gestione possono cambiare tanto.
Ma giochiamo insieme, per amore di ragionamento.
Chi sostiene che sia preferibile offrire la soluzione migliore, indipendentemente da quel che chiede il cliente, probabilmente argomenterebbe così:
“il Professionista sono io, per cui io so qual è la soluzione migliore.
Se il cliente avesse le conoscenze e gli strumenti per decidere da solo, non avrebbe avuto bisogno di rivolgersi a un Professionista”.
Beh, difficilmente si potrebbe obiettare di fronte a questa argomentazione logica.
Specialmente se poi l’argomentazione proseguisse dicendo:
“ovviamente non imporrei nulla senza spiegazioni, ma anzi farei in modo di far capire al cliente il mio ragionamento, per accompagnarlo verso un cambio di prospettiva fino a comprendere che la soluzione migliore è effettivamente quella che gli sto proponendo io”.
Urca, messa così sembra ancora più inattaccabile.
In fondo, un/a Professionista che ci sta a fare, se non per dare al cliente la soluzione migliore?
Voglio però giocare a fare il provocatore.
Domanda:
in base a quali criteri sei in grado di stabilire che la soluzione che proponi sia in assoluto migliore rispetto a quello che ti ha chiesto il cliente?
Certo, a volte possono esserci dei criteri oggettivi e difficilmente criticabili.
Ma in ambito consulenziale molto spesso non è così, anche se all’apparenza potrebbe sembrare.
Perché gli schemi mentali del tuo cliente semplicemente non sono i tuoi.
Uso ancora un esempio sicuramente in modo forzato, quindi in non c’è bisogno che tu me lo faccia notare
Lo uso solo perché è venuto fuori nella discussione all’interno del gruppo Facebook, e lo uso a scopo dichiaratamente provocatorio.
Se chiedo a un Personal Trainer di farmi venire un po’ di pancetta, questi tenderà a convincermi a non farlo, e da un punto di vista di “salute” avrebbe ragione, perché il grasso fa male.
E si sa che per un Personal Trainer è fondamentale lo sviluppo armonico del corpo, da un punto di vista estetico e salutare insieme.
Ma se io volessi a tutti i costi la pancia perché la mia ragazza trova sexy gli uomini che ne sono “provvisti”?
E se fossi ben consapevole del fatto che la mia salute non ne gioverebbe, ma mi stesse benissimo così, perché per me la cosa più importante di tutte è godere degli occhi innamorati della mia ragazza?
Quel che voglio dire è che stabilire al posto del cliente quali sono le priorità più importanti è davvero molto molto scivoloso.
Si può fare, senz’altro.
Ma devi essere sicuro che l’analisi dei bisogni (per come l’abbiamo argomentata diverse righe fa) sia stata fatta a prova di bomba, e che conosci e governi al 100% le motivazioni d’acquisto più profonde del tuo cliente.
Altrimenti, rischi seriamente di portarlo lontano, anche in buona fede e a fin di bene.
E, alla fine, di renderlo infelice del lavoro fatto insieme.
Aggiungo un tassello.
Un cliente che accetta di buon grado di seguire la strada proposta da te, nonostante avesse chiesto altro, è un cliente che difficilmente sarà convinto al 100%.
Ti dirà che va bene, ti dirà che ha capito, ti dirà che è d’accordo nel seguire la tua strada, ma nel profondo della sua testolina ci sarà probabilmente una vocina che sta dicendo
“cazzarola, io però avevo chiesto un’altra cosa”.
E se i risultati che porti non saranno straordinariamente superiori alle più rosee aspettative, beh quella vocina rifarà capolino.
È più facile assecondare lo schema mentale del cliente, piuttosto che lavorare di persuasione al fine di portarlo su un altro schema mentale.
E, paradossalmente, il cliente alla fine potrebbe essere più soddisfatto dei risultati ottenuti seguendo la sua strada, piuttosto che dei risultati ottenuti seguendo la tua strada, pur con risultati superiori.
Perché nella tua strada potrebbe trovare sempre un pelo nell’uovo: “si, tutto bene, però…”.
In fondo, l’essere umano è una macchina complessa, e scarsamente incline alla coerenza e alla razionalità.
Insomma, per finire: una risposta che valga sempre non c’è.
Quindi inizia a pensare che ogni caso va trattato diversamente.
Ho voluto incasinarti i ragionamenti e intaccare qualche piccola certezza, proprio per farti comprendere quanto le cose non siano monolitiche quando si entra in questo ambito.
Personalmente adotto modalità di lavoro differenti, attingendo da tutte le competenze ed esperienze che fanno parte del mio bagaglio:
- la modalità “Formatore”: io ti dico come si fanno determinate cose, perché le so, e ti invito a farle come ti dico io.
- La modalità “Consulente”: insieme ragioniamo sul da farsi e ognuno ci mette del suo nel prendere decisioni.
- La modalità “Coach”: ti stimolo con domande e provocazioni ad hoc, e lascio che le risposte le trovi da te. Qualsiasi esse siano, andranno bene, perché sono le tue.
Alternando queste modalità ho trovato il mio equilibrio, ed è un aspetto essenziale del mio Metodo di lavoro.
È faticoso, sì.
Infatti quando mi stanco mi metto a fare l’influencer.