E se Jeff Bezos avesse fallito? - Alessandro Principali

E se Jeff Bezos avesse fallito?

Hai presente la famosa foto del 1999 di Jeff Bezos chiuso dentro una specie di tugurio, seduto a una scrivania scalcinata piena di scartoffie, con alle spalle la rudimentale scritta “Amazon.com” fatta con lo spray sul muro?

Sono sicuro che ce l’hai ben presente. (Altrimenti la trovi qui!)

Quasi sicuramente ti è stata mostrata accompagnata da parole che suonavano più o meno così:

“Ehy, lui ha creduto nel suo sogno fino in fondo, aveva un buon lavoro e lo ha mollato, rischiando tutto, per fondare la sua impresa.

Ha fallito molte volte ma alla fine…

…è diventato l’uomo più ricco del mondo.

Quindi non mollare perché puoi farcela anche tu!”


Quindi, secondo questa filosofia, fallire sarebbe semplicemente parte del percorso.

Lo stesso Bezos, in fondo, si è prodigato nello spiegarci che

Per innovare bisogna sperimentare. E se sai in anticipo che le cose andranno bene, non è una vera sperimentazione.

A rinforzo di questa legittima prospettiva, alcuni si spingono addirittura a suggerire che FAIL sia da considerarsi soltanto l’acronimo di:

F
IRST
ATTEMPT
IN
LEARNING

Insomma, il fallimento sarebbe solo un primo tentativo che fa parte del percorso di apprendimento.

Ora ecco la mia personalissima (e non richiesta, lo so…) opinione in merito, riassumibile in un sintetico quanto cristallino:

stocaz*o.

La verità è che:

  • Fallire è una merda.
  • Fallire fa schifo.
  • Fallire è quanto di meno augurabile ci sia, per se stessi e per le persone a cui vogliamo bene.


Hai voglia a dire che sbagliando si impara.

Perché non so te, ma a me ogni volta che sbaglio mi rode da morire.

E sì, quando poi mi sono calmato, mi ci metto pure lì razionalmente a freddo a pensare

“OK, almeno per la prossima volta avrò imparato la lezione”

ma la verità è che, vaffanculo, mi maledico per la stronzata che ho fatto.

Siamo cresciuti fin da piccoli con la convinzione che cadere ogni tanto sia normale, perché l’importante è rialzarsi.

E va bene, ci sto, ovviamente l’importante è sempre rialzarsi

Ma converrai con me che se eviti di cadere è meglio.

O no?!?

Oppure, vienimi a dire che tu quando cadi fai un bel sorrisone e ti congratuli fra te e te, dicendoti solo “bene, ottimo, ora l’importante è rialzarsi”, e se mi convinci ti do ragione.

Tanti guru americani – e quindi quelli italiani a ruota -, ci raccontano invece che:

L’errore e la caduta sono un’eventualità da avere sempre ben chiara davanti a noi. 
Quasi da mettere in conto per lanciarsi in un’avventura di business.

E per carità, non che questo sia falso, anzi.

Quando nasce qualcosa di nuovo, tutto è una grande scommessa.

Ma non sarà che alla fine tutta questa meravigliosa “cultura del fallimento” finisca per farci perdere di vista gli aspetti più importanti?

USA vs Italia

Ora, tralasciamo per un attimo il piccolo dettaglio che negli Stati Uniti – ovveroil paese da dove importiamo questa cultura del fallimento – le cose vanno in un modo, e in Italia in tutt’altro.

Già, perché, mentre la legislazione e la burocrazia americana mettono in conto fin dall’inizio la possibilità che un’attività imprenditoriale possa incontrare delle difficoltà e quindi la agevolano, le startup trovano investitori, e chi decide di avviare un business viene incoraggiato a più livelli…

…in Italia invece, se ti avventuri in un business tutto tuo, sei un patetico folgorato, praticamente ti stai gettando dall’aereo senza paracadute e alle prima difficoltà lo Stato verrà a frantumarti le poche ossa rimaste intatte nell’impatto.

Per cui il Belpaese non è esattamente quel mondo fatato dove fallire vuol dire solo aver sbagliato il primo tentativo.

No no, fallire quaggiù è quasi sempre un dato immutabile e definitivo.

Per cui sì, nel fallimento avrai pure imparato la lezione, ma poi quella lezione imparata te la puoi anche dare in faccia, perché di seconde possibilità non ne avrai.

Ok…

…tralasciamo questo insignificante dettaglio geografico-culturale (anche se da solo basterebbe per convincerti che delle frasi motivazionali dei guru americani, a noi italiani dovrebbe fregarcene meno di zero…)…

…teniamo da parte questo aspetto, e concentriamoci su un altro, forse ben più rilevante…

Il fallimento non è necessario

La verità è che amiamo sentirci dire che “il fallimento è un passaggio necessario e preparatorio per il successo” solo perché questo è esattamente quello che abbiamo bisogno di sentirci dire nel momento in cui falliamo.

Perché quello è il momento in cui ci sentiamo più deboli.

E sentirci dire queste cose ci aiuta a superare il senso di vuoto e di miseria.

Poi vagli a citare Elon Musk, col suo

“Se non fallisci, non stai innovando abbastanza”

a uno che ha appena portato i libri in tribunale e dichiarato bancarotta.

Questa narrazione per cui il Professionista o l’imprenditore di turno possa (anzi addirittura DEBBA!) fallire una, due, tre volte per poi arrivare a fare il colpaccio, deve finire.

Perché in Italia la stragrande maggioranza delle persone che aprono una partita Iva, va incontro a tutto fuorché il colpaccio.

  • Un quarto dei lavoratori autonomi italiani vive sotto la soglia di povertà calcolata dall’Istat.
  • Negli ultimi 4 anni sono state chiuse oltre 3 milioni di partite Iva.
  • Negli ultimi 12 anni i liberi Professionisti hanno perso il 25% dei guadagni annui.

Allora OK, nessuno è infallibile, ci mancherebbe.

Ma, una volta per tutte, BASTA! rincoglionirci con le citazioni dei guru per cui fallire è solo una momentanea deviazione dal percorso principale, addirittura utile se non preziosa!

Al contrario, si può e si deve lavorare per evitare il fallimento, anche piccolo che sia.

  • Perché sperimentare va bene
  • Sbagliare anche.
  • Aggiustare il tiro idem…

…in fondo, chiunque voglia portare avanti un business proprio non può fare altrimenti.

Ma addirittura fallire…ecco, quello molto meglio di no.

Il fallimento è prevedibile?

Se ripenso ai miei fallimenti professionali (ma anche personali!) non ce n’è nemmeno uno addebitabile a colpi di sfortuna imprevedibili.

Viceversa, col senno del poi tutti i miei fallimenti erano assolutamente prevedibili!

Perché c’erano degli elementi che segnalavano chiaramente la presenza di un forte rischio di fallimento.

Ma io:

– Non sono stato capace di vederli

oppure, peggio

– Li ho visti, ma li ho sottovalutati, o addirittura ho fatto finta di non vederli!

Quindi, ora non è che posso stare qui a darmi le pacche sulla spalla dicendomi

“Forza Ale, in fondo hai fallito perché hai avuto il coraggio di provare!”

Nossignore.

La cosa giusta da dirmi è piuttosto:

“Sei una monumentale testa di cazzo, perché se avessi usato la testa, adesso avresti un bel sorriso stampato sulle labbra, invece di stare qui chino a raccogliere i cocci”

La verità è che, salvo i casi di assoluta imprevedibilità (ma, seriamente…quanti sono?!? Quanti “cigni neri” possono effettivamente arrivare nella tua vita?!?!), in tutti i casi di fallimento esiste sempre una grande sequenza di elementi che potevano e dovevano essere gestiti meglio.

La lista degli errori (prevedibili!)

Ho deciso di buttare giù una lista di errori che sono assolutamente prevedibili e che, se esistono, ti possono condurre facilmente al fallimento.

Ne elenco un tot, in ordine assolutamente sparso, conscio che non finiscono assolutamente qui:

1. Non fare i conti da subito, e per sempre, con i numeri reali
2. Portare avanti idee di business delle quali ti sei innamorato, ma che non soddisfano i bisogni di nessuno
3. Non fare marketing
4. Fare marketing male
5. Non avere posizionamento
6. Non avere obiettivi ben formati
7. Non avere scale di priorità e tempistiche definite
8. Innamorarsi delle Vanity Metrics
9. Non monitorare i KPI
10. Monitorare i KPI ma “vedere” solo quelli che ti danno ragione
11. Non formarsi continuamente
12. Non studiare costantemente i competitor
13. Concentrarsi sul fatturato e non sui margini e sulla cassa
14. Non investire parte dei margini in una crescita continua
15. Sprecare soldi in cose inessenziali
16. Non ascoltare le critiche
17. Non cercare attivamente le critiche
18. Cercare sempre clienti nuovi invece di coltivare i clienti esistenti
19. Pensare di lavorare “4 ore alla settimana” o simili idiozie alla Tim Ferriss
20. Condurre l’attività come secondo lavoro
21. Non avere un piano a 1-3-5-10 anni
22. Non fare leva sui punti di forza esistenti invece che cercare continuamente strade nuove
23. Leggere questa lista velocemente e in modo superficiale senza soffermarsi almeno 1 ora a leggere e rileggere ogni singolo punto.

Se in questa lista c’è anche solo 1 punto che ti ha colto in flagrante, alza le antenne, e poni rimedio.

No domani.
Oggi.

Ottimismo o buon senso?

Come avrai capito, a me di darti la carica dei 5 cereali e del gusto di cacao per “partire alla grande anche tu”…non me ne frega niente.

Anzi…

…anni fa, sapendo che sono un formatore, coach e consulente, molti facendo confusione (probabilmente influenzati e tratti in inganno da qualche show americano…) mi chiedevano se facessi il Motivatore. 

Così feci uscire questo video che chiarì subito le idee a tutti: 

https://www.youtube.com/watch?v=X5uDYvFHgPI


Battute a parte…


…per sintetizzare, una buona linea da seguire è:


“sii ottimista nello spirito.
Ma sii pessimista nel prendere decisioni”

Ovvero, tieni sempre l’umore alto come se il futuro fosse il più roseo possibile.

Ma attrezzati come se il futuro fosse schifosissimo.


Insomma, esci all’aperto cantando e ballando come se fuori ci fosse il sole che splende.
Ma portati il poncho e gli stivaloni, che poi a uscire dalla marana è un bagno di sangue.

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