Quanto costa 1 kg di Te? - Alessandro Principali

Quanto costa 1 kg di Te?

Nel 1971, fu chiesto a Carolyn Davidson, una giovane studentessa di Portland, di realizzare un logo per una azienda sportiva.

Un logo in grado di rappresentare l’idea di velocità e di vittoria.

La ragazza si ispirò alle ali della dea greca Nike e diede vita a un semplice segno grafico che tutti furono concordi nel chiamare “swoosh”, a ricordare il fruscìo che produce il vento quando qualcuno corre molto veloce.

Carolyn impiegò circa 18 ore a realizzare il logo.

E quando le chiesero 

“Quanto costa?”, 

reputò che 35 dollari potessero andar bene per remunerare il tempo che aveva impiegato nel disegnarlo.
Forse avrebbe potuto chiedere una manciata di dollari in più ma, a dirla tutta, quel logo non le sembrava riuscito nemmeno così bene.
E così, grazie alla sua scelta, noi oggi possiamo raccontare l’aneddoto di quella volta che il logo di una azienda che fattura 34 miliardi di dollari all’anno, fu pagato 35 dollari.

Domanda veloce: 

immagina che Carolyn Davidson, oggi, sia tu.

Quando ti chiedono di “prezzare” un tuo servizio, quali criteri utilizzi?

Lo so, forse non hai mai riflettuto abbastanza sulla risposta a questa domanda.

Probabilmente, nel quantificare economicamente i tuoi servizi, sarai portato a valutare quanto tempo impiegherai nel realizzare l’attività.

Poi darai un prezzo la 1 ora del tuo lavoro e moltiplicherai quel prezzo per il numero di ore necessarie.

Oppure, ti baserai sui prezzi che i concorrenti applicano a servizi simili o uguali.

Conseguentemente, forse deciderai di allineare il prezzo con quelli più bassi, così non rischierai di essere percepito come “troppo caro”.

O magari farai un medione generale, posizionandoti più o meno a metà fra i prezzi più bassi e i più alti.

In questo modo posso garantire un ottimo rapporto qualità/prezzo”, penserai.

Nella mia esperienza, ritengo che ci siano almeno 3 enormi Punti Fermi da non dimenticare mai quando si stabilisce il proprio prezzo. 

1)
Il punto di partenza per stabilire il tuo prezzo è:
quali sono le Buyer Personas a cui sto proponendo il mio servizio?

Ovvero, qual è il Profilo del mio Cliente Ideale?

Certo, perché nessun ragionamento sul prezzo ha senso se non hai idea della persona a cui lo stai proponendo.

Perché se, ad esempio vendi servizi a profili con redditi molto bassi, è davvero molto rischioso definire un pricing di fascia alta o altissima!

Bada bene: ho detto “rischioso”, non “impossibile”.

Si può anche fare, ma occorre un marketing davvero spaziale, e finché non hai la certezza di possedere una strategia di marketing spaziale, non farlo.

In modo analogo, è molto rischioso vendere servizi a prezzi bassi o bassissimi a Profili Cliente di fascia reddituale molto alta.

Paradossalmente, è più probabile che si riesca a vendere qualcosa di molto costoso a un povero, che qualcosa di molto economico a un ricco.

Giorni fa, qui nel gruppo, è nato un dibattito intorno alla pubblicità di una marca di scarpe eleganti da uomo.

Pubblicità che sostanzialmente diceva: 

Sappiamo che 200 euro non sono pochi per un paio di scarpe. 
Ma se le nostre scarpe non costassero così tanto, non potremmo realizzarle coi migliori materiali, con le mani dei migliori artigiani, con le migliori rifiniture, ecc. ecc.”


Ora, nulla da eccepire sul messaggio in sé.

Ovvero, dichiarare apertamente che non vuoi realizzare, e non realizzerai mai, scarpe economiche perché altrimenti non potresti garantire lo stesso livello di qualità del prodotto…
…va benissimo!

Il problema è uno, però: il problema è che a quel prezzo manca uno zero.

Già, perché 200 euro non sono affatto un prezzo elevato per un paio di scarpe di alto livello!

Chiunque abbia messo ai piedi almeno una volta un paio di scarpe eleganti realizzate a mano con ottimi materiali sa perfettamente che quella fascia di prezzo è assolutamente “entry-level”.

Quindi, a chi sta parlando quella pubblicità?

Di certo non a un ricco, né a una persona che abitualmente spende grosse cifre per abiti e scarpe.

O almeno lo spero!

Perché se l’intento fosse quello di attirare l’attenzione di quella categoria persone, beh, questi si metterebbero a ridere a crepapelle!

Ma come??” 

– penserebbero – 

Mi attacchi la pippa che le tue scarpe sono molto costose perché realizzate a mano da veri artisti della pelle, con materiali e rifiniture straordinari…

…e poi costano come le scarpe che io do al mattino al mio giardiniere quando va a spalare via la merda dalle aiuole?

Ecco, perdonerai la brutalità, ma questo è quel che penserebbe una persona realmente facoltosa.

Ci fosse (almeno) uno zero in più, forse ti seguirebbero.

Ma così facendo, no.

Quindi, prima cosa: pensa a chi ti stai rivolgendo, altrimenti rischi di definire un pricing – che sia verso l’alto o sia verso il basso -, che allontana invece che avvicinare.

2) 
Chi lavora nel mondo dei servizi ha un problema in più rispetto a chi vende prodotti.


Il problema in più è dato dall’avere di fronte a sé clienti molto più sospettosi e più cauti nella decisione d’acquisto.

Per quale motivo?

Semplice: perché si tratta di clienti meno preparati e meno capaci di valutare la bontà del tuo servizio.

Già perché i prodotti materiali, rispetto ai servizi, hanno due vantaggi:


A) 
Prima di acquistarli, il cliente li può toccare, sentire, guardare, annusare, assaggiare. 
Insomma, può “testare” la bontà del prodotto (se non del tutto, in parte), PRIMA di decidere di spendere i suoi soldi.
Questo, in qualche misura, lo tranquillizza, e si sente così più sicuro nella scelta d’acquisto. 


B) 
Inoltre, mediamente è più probabile che i clienti abbiano un’esperienza pregressa personale rispetto a un certo prodotto fisico, piuttosto che rispetto a un servizio.

Perché nella nostra vita consumiamo molti più beni materiali che servizi intangibili.

Voglio dire, quando il cliente deve comprare un paio di scarpe, può basarsi sulla sua esperienza pregressa data dall’aver indossato decine o centinaia di altre scarpe nella sua vita.

E questo gli consente di fare delle valutazioni più oggettive.

È molto più probabile che il cliente abbia un’esperienza passata (diretta, ma anche indiretta tramite amici o conoscenti) di un orologio, una valigia, un’auto, una pizza margherita, un vino, un divano, …

..che non di una consulenza di social media marketing, o di una sessione di personal training, o di una seduta di psicoterapia, o di una difesa legale in un processo.

Questi due fattori sono molto importanti da tenere a mente.

Infatti, se sai di avere di fronte clienti meno capaci di capire il valore del tuo servizio, più sospettosi, più cauti, più insicuri…

…beh, allora questo significa che dovrai PREPARARE e SCALDARE i tuoi clienti prima di proporre i tuoi prezzi.

Significa che l’attività di seeding e di nurturing (“semina” e “nutrimento”) dovranno essere sempre presenti e dominanti.

Insomma, dovrai continuamente dare modo ai tuoi clienti di “assaggiare” le tue competenze e il valore delle tue soluzioni, così che il giorno in cui decideranno di bussare alla tua porta, SAPPIANO GIÀ di trovarsi di fronte il miglior Professionista possibile per il problema che devono risolvere.

3) 
Ricordo ancora un commento che ricevetti quando pubblicai il mio primo libro 
(a proposito, l’hai mai letto? 
Leggi le recensioni e se ti convincono puoi acquistarlo => http://bit.ly/7segretidipersonalmarketing)

Una persona mi scrisse:

Ti seguo da tanto e ti stimo molto. 
Quello che dici mi piace sempre.

Nei tuoi post e video ho trovato tantissimi spunti molto utili per il mio lavoro.

Tuttavia, non comprerò il tuo libro, perché penso che 17 euro per un libro così breve siano troppi



Dopo averlo ringraziato sinceramente per la stima e i feedback positivi rispetto all’utilità dei miei post, gli risposi che 17 euro erano effettivamente troppo.

Nel senso di troppo poco.

Non era una provocazione, la mia.
Lo pensavo assolutamente.

Già, perché se in un testo qualsiasi tu riuscissi a trovare anche UNA SOLA cosa in grado di cambiare il modo di impostare il tuo business, e da questo cambiamento tu ricavassi giovamento (che a seconda dei casi potrebbe essere maggiore guadagno economicomigliore qualità della tua rete clientimaggiore soddisfazione nella tua comunicazione, migliori feedback,…)…

…beh allora ecco che 17 euro non sarebbero più nulla. 

Anche fossero 170, non sarebbero nulla.

Anche fossero 1.700, non sarebbero nulla.

Questo accade perché, specie nel mondo dei Servizi, le persone comprano soprattutto Risultati finali.

  • Non stai vendendo sessioni di Personal Training.

Stai vendendo la salute, il sentirsi meglio con se stessi, il tornare a piacersi allo specchio, la sicurezza nelle relazioni con gli altri.

  • Non stai vendendo attività di Social Media Marketing.

Stai vendendo il poter avere un’immagine sui social chiara e riconoscibile, maggiori vendite online, la possibilità di restare in contatto con una community.

  • Non stai vendendo una consulenza legale a una azienda.

Stai vendendo la sicurezza di non commettere reati neanche involontariamente, la tranquillità di dormire sonni sereni, la soddisfazione di avere una azienda “pulita” e trasparente.

Tutto questo non ha nulla a che vedere con il tempo o la fatica che hai impiegato nel realizzare quella specifica attività.

Puoi averci speso 5 minuti del tuo tempo, così come potresti aver sudato 7 camicie.

Non importa.

Non è questo che ti stai facendo pagare.

Ti stai facendo pagare per il risultato finale che il tuo Cliente otterrà.

Non stai vendendo un segno grafico.
Stai vendendo la possibilità di essere riconosciuto in tutto il mondo grazie a un logo iconico.

Ci sono tanti modi per definire un pricing adeguato ai tuoi servizi.

Ma questi 3 pilastri di oggi li considero un quadro filosofico imprescindibile, al di fuori del quale qualsiasi ulteriore ragionamento sarebbe inutile.

E tu?
Come ti trovi quando devi definire il Valore economico dei tuoi Servizi?

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