Sei sempre stato nel business sbagliato - Alessandro Principali

Sei sempre stato nel business sbagliato

Cosa fai di bello?
Di cosa ti occupi?
Che lavoro fai?

Sono tre domande che ti sarai sentito rivolgere centinaia di volte.

Ricordi?

Alle cene di Natale ti sentivi chiedere

“Ma allora, ce l’hai la/il fidanzatina/o?”
e per tutta risposta alzavi gli occhi al cielo, roteando i bulbi oculari e maledicendo quella vecchia zia che ogni anno ti tormentava con la stessa domanda idiota.

Finiti quegli anni, credevi che i tempi delle domande personali fosse terminato anch’esso.

E invece…

…oggi invece, con la stessa identica facilità, ti capita di continuo che qualcuno voglia sapere in che modo ti guadagni da vivere.

Per qualche professionista è più facile rispondere.

“Faccio l’avvocato”.
“Faccio l’architetto”.
“Faccio il musicista”.

In questi casi, di norma, la gente ti risponde

“Ah, bello!”,

e più o meno il dialogo finisce lì.

Per altri invece è più complesso.

“Faccio il personal trainer”.
“Faccio il social media manager”.
“Faccio il mental coach”.

E qui di solito la risposta spazia da

“Ah…Cioè?”

oppure

“sarebbe una cosa tipo internet?”

fino a

“Oh caspita, ma tua madre lo sa?”

E giù a spiegare quello che fai, come lo fai, per chi lo fai, eccetera eccetera eccetera.

La verità?

La verità è che, qualunque sia la tua professione, fino ad oggi hai dato sempre la risposta sbagliata.

Eh già.
Sbagliata.

Il tuo lavoro infatti non è quello di avvocato, né di architetto, né di musicista, né di mental coach, o quello che vuoi.

Nulla di ciò che ritieni essere il tuo lavoro è in realtà il tuo lavoro.

Ok, alt.

Sappi che al 99% ciò che sto per dirti ti suonerà assurdo.

E con ogni probabilità lo rifiuterai.

Penserai

“Vabbè, stavolta AP sta esagerando.
Deve essere solo una delle sue solite provocazioni”.

Ma non è così.
Dico davvero.

So per certo che farai una fatica del diavolo ad accettare quello che sto per dirti, e ho già messo in conto che quasi sicuramente lo respingerai.

Ma forse (forse…) nel tempo ci ripenserai e valuterai con altri occhi queste parole.

Mi spiego.

Quello che tu consideri essere il tuo lavoro, in realtà è soltanto un aspetto accessorio.
Quella che consideri essere la tua professione è in verità soltanto un servizio che offri ai tuoi clienti.

Nulla di più.

Il tuo vero lavoro a ben vedere è un altro.

Il tuo lavoro reale è quello di catturare clienti (prima) e mantenerli nel tempo (poi).

Stop.

Il servizio che offri è soltanto la scusa con cui li catturi prima, e la scusa con cui li mantieni poi.

Se sei un avvocato, il tuo primo vero lavoro non è quello di difendere gli imputati in aula.

Il tuo primo vero lavoro è quello di fare in modo che un numero sufficientemente ampio di persone (o aziende) in target ti considerino il loro punto di riferimento per un determinato argomento, specifico e focalizzato.

Così che, qualora dovessero avere la necessità un giorno di farsi difendere in aula, non avrebbero dubbi su chi chiamare.
O se dovessero consigliare a qualcuno (persona o azienda) un avvocato per difendersi in aula, non avrebbero esitazioni su chi consigliare.

Se sei un personal trainer, il tuo primo vero lavoro non è quello di allenare i muscoli delle persone e scolpire i loro addominali molli e flaccidi.

Il tuo primo vero lavoro è quello di fare in modo che un numero sufficientemente ampio di persone in target ti considerino il loro punto di riferimento per un determinato argomento, specifico e focalizzato.

Così che capiscano che per modellare il proprio corpo nel modo più giusto per loro, il nome a cui rivolgersi è solo il tuo.

Vogliamo chiamare tutto questo “attività di posizionamento”?
Va bene, chiamiamolo così.

Il primo vero lavoro per un professionista o solopreneur comincia da qui, perché è da qui che comincia il percorso di avvicinamento e di cattura del potenziale cliente.
L’attività specifica che svolgi (avvocatura, fitness, musica, psicoterapia, insegnamento, …) è soltanto la scusa con cui catturi un cliente.

Ovviamente il lavoro non si esaurisce con il posizionamento.

Definito il tuo posizionamento, dovrai comunicarlo all’esterno.

E per ciascuna potenziale persona (o azienda) in target dovrai comunicare differentemente.

Già, perché da un lato ti troverai a comunicare a persone (o aziende) che sanno perfettamente di avere un problema da risolvere, o un desiderio da esaudire, hanno già scandagliato tutte le possibili soluzioni, e ora stanno solamente (si fa per dire) cercando di capire qual è la differenza fra te e i competitor.

Ma ci sono anche, dall’altro lato, persone (o aziende) in una condizione diametralmente opposta, ovvero che non hanno nemmeno la lontana percezione di avere un problema da risolvere, o un desiderio da esaudire.
Figurarsi se si sono mai interrogate sulle possibili soluzioni.

Va da sé che a questi due target così diversi dovrai comunicare in modo differente.

E in mezzo a questi due poli opposti ci sono parecchie possibili sfumature.

Comunicando efficacemente sarai in grado di attirare e catturare clienti in target.

Il servizio che offri, in questa tua attività di comunicazione, è soltanto la scusa con cui li attiri e li catturi.

È come quando vuoi attrarre l’attenzione di un gatto.
Cosa fai? Agiti la scatola dei croccantini per fare rumore e richiamarlo a te.

Ecco, il servizio che offri è la scatola dei croccantini.

Ogni professionista avrà la sua scatola personale.

Certamente, quando i gatti arriveranno e tu gli rovescerai i croccantini nella ciotola, sarà importante che abbiano un buon sapore, altrimenti te li lasceranno tutti lì.

Ma, come è facile intuire, per far sì che i gatti arrivino da te, non è importante che forma abbia la scatola, o di che marca sia.

Il tuo primo vero lavoro è quello di portare a te i gatti.
Per cui devi imparare ad agitare correttamente la scatola, scatenando il giusto suono che risulti irresistibile a quanti più felini in circolazione.

Vedila così dunque:

Non sei nel business dei croccantini.
Sei nel business degli agitatori di croccantini.

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