Taffo e i suoi "fratelli": gli errori e i benefici per Te, che sei un Professionista, di una comunicazione sopra le righe - Alessandro Principali

Taffo e i suoi “fratelli”: gli errori e i benefici per Te, che sei un Professionista, di una comunicazione sopra le righe

Spoiler: se pensi già che scriverò che il marketing di Taffo & Co. è brutto e fa venire le bolle, allora troverai qualcosa che ti stupirà.

Perché non è questo che ascolterai.

Scopro subito le carte.

Non è un articolo che mira ad alimentare la chiacchiera da bar sul marketing di Taffo, di cui onestamente si parla fin troppo.

È un articolo che sfrutta il tema del “marketing di Taffo” come scusa per trivellarti le cervella di input che siano utili a Te, per il Tuo business di Professionista o Solopreneur.

Nessuna formulina secca da imparare, quindi, oggi.

Ma lo stimolo ad accendere il cervello e sintonizzarlo sulle frequenze più alte, perché è l’unico modo che hai per capire autonomamente, ogni volta, e da adesso in poi, se una cosa è fatta bene oppure è fatta male.

E se impari a capirlo sul marketing degli altri, forse hai maggiori chance di operare le stesse analisi sul tuo marketing.

Oggi voglio una volta per tutte mettere nero su bianco quel che penso dei post “virali” e “originali” pubblicati da Taffo.

NOTA BENE: 
Utilizzo Taffo solamente perché è il capostipite di questo filone, ma potremmo applicare ragionamenti simili anche a diversi altri brand dalla comunicazione “simpatica”.

Chiariamoci: non lo faccio perché il mondo abbia bisogno dell’ennesimo parere sull’argomento.
Sento il dovere di farlo perché mi rivolgo quotidianamente a Professionisti come te.

E poiché molti Professionisti, non sapendo a chi ispirarsi per il proprio marketing, guardano a ciò che fanno quei Brand sulla bocca di tutti, e finiscono così per imitare e scimmiottare ciò che vedono, è doveroso mettere sul piatto una analisi adeguata.

Mi rendo conto peraltro che l’argomento susciti curiosità, e infatti viene fuori spesso nelle nostre conversazioni.
E ogni volta mi trovo a ripetere le stesse cose, spezzettate però in miriadi di dialoghi differenti.

Così, ho deciso che adesso raccolgo qui buona parte delle mie idee.
Ogni volta che l’argomento risalterà fuori basterà fare riferimento a questo testo per avere il mio punto di vista.

Una cosa però posso anticipartela: 
qui dentro troverai cose che non ho mai snocciolato in modo così esaustivo.

1)La Brand Awareness: croce e delizia

L’argomento “Taffo” potrebbe essere facilmente chiuso dicendo semplicemente:
“questo tipo di comunicazione non va bene perché non fa quello che una qualsiasi campagna di marketing dovrebbe fare, ovvero spiegare perché scegliere un brand piuttosto che un altro”.

E credimi che se la chiudessimo adesso così, avremmo in effetti dato una risposta più che soddisfacente.

Però oggi ho deciso di complicarmi la vita.

E non voglio chiuderla in modo così facile.

Al contrario, ho deciso di infarcire il discorso di intrighi e trame contorte.

E allora ti aggiungo che la faccenda, a voler ben scavare, non è proprio così semplice.

E che sì, ci sono tante cose discutibili in questa strategia, ma anche qualcosa di buono che vale la pena filtrare e portarsi a casa per la propria professione.

Che poi è l’unico motivo per cui vale la pena leggere tutto l’articolo.

Partiamo dal tanto celebrato concetto di “Brand Awareness”.

La Brand Awareness, cos’è?

È quella cosa per cui quando tu nomini un brand a qualcuno, quello ti risponde “ah sì, lo conosco”.

Cioè, in breve, quando un’attività di marketing serve a “far conoscere un brand” alla gente, allora si dice che è un’attività di Brand Awareness.

Fin qui, direi tutto semplice.

Il problema è che questo concetto, sulla bocca praticamente di tutti, è menzionato il più delle volte a sproposito.

E così accade che venga spesso tirato in ballo per rispondere all’obiezione secondo cui post come quelli di Taffo non portano a convertire gli utenti in clienti, per cui sono tecnicamente inutili.

E allora ecco che si ricevono risposte così:

“Ma tu non capisci! La pubblicità di Taffo non serve a vendere!Serve a fare Brand Awareness!”.

Ecco.

Questo è quel che ripetono a pappagallo quelli che difendono la scelta comunicativa di Taffo: non serve a vendere, serve a fare Brand Awareness…

Non fraintendermi: farsi conoscere da chi ancora non ti conosce, è ovviamente importantissimo.

Ma questo non significa che Brand Awareness voglia dire semplicemente “rendere conosciuto il mio nome a cani e porci e farne parlare“.

Il “purché se ne parli” andava bene (forse) agli albori del marketing, quando non esisteva concorrenza.

In fondo, se ci pensi, farsi conoscere, di per sé, è una cosa facilissima.

Se io oggi tiro fuori le natiche a Piazza San Pietro, e inizio a urlare che il Covid l’ha creato il Papa in un laboratorio segreto del Vaticano, mentre sezionava il cadavere di Elvis Presley insieme a Hitler…

…beh ho ottime chance che domani il mio nome lo conoscano in molti.

Ma questo tipo di conoscenza gioverebbe al mio Brand?
Questa notorietà aiuterebbe il mio business in qualche modo?

Credo di no: penso sarai d’accordo che, anzi, lo danneggerebbe abbastanza.

Eppure, sarebbe facilissimo procurarsi questo livello di popolarità.
Ma non è finita…

Facciamo anche finta per un secondo che questa “notorietà” possa giovare al mio Brand…
…la domanda successiva sarebbe:

in che maniera potrei garantirmi che la suddetta notorietà arrivi mirata al mio pubblico target, e non si disperda fra migliaia di altre persone che col mio business non c’entrano nulla?

Perché, ovviamente, questo è un altro punto nodale: se anche ti conoscono molte persone, ma si tratta di gente che col tuo business non ha nulla a che vedere, beh converrai che si tratta di notorietà sprecata.

Ok, ora sfiliamoci da questo esempio surreale.

[no, non ho intenzione di tirare fuori le natiche a Piazza San Pietro…perlomeno non adesso, domani chissà]
Torniamo a Taffo.

[ripeto, uso Taffo perché è il capostipite di questo tipo di comunicazione, ma può essere applicato anche ad altri brand]

Per cominciare, le prime domande da porsi sarebbero:
1) 
in che maniera Taffo può garantirsi che la sua comunicazione, e quindi la sua notorietà, arrivi alle orecchie di un pubblico target?

[Ovvero di persone che stanno assistendo proprio ora un parente malato terminale e che stanno quindi iniziando a pensare all’organizzazione di un funerale……persone che, per giunta, abitino proprio lì nello stesso territorio, perché sai, le pagine social attirano fan di tutta Italia, ma non ho mai visto uno di Trento chiamare un carro funebre dal Lazio per venire a prendersi il corpo di povera nonna]

E poi…

2) ammesso che arrivi al pubblico target, in che maniera Taffo può garantirsi che il tipo di notorietà che sviluppa convinca effettivamente le persone a scegliere i loro servizi?

[Perché sai, a sghignazzare goliardicamente delle battute macabre siamo tutti bravi quando siamo vivi, poi ti muore un genitore e non so quanto ti venga in mente di dire “oh chiamiamo Taffo che quelli mi fanno schiantare dal ridere!”].

Insomma, su un punto penso ci sia davvero poco da discutere: 

la comunicazione che fa Taffo è del tutto slegata dai servizi che offre, e di per sé è assolutamente scivolosa e fuorviante, in quanto (lo ripeto per chiarezza):

  1. Non parla al proprio target ma a un generico pubblico sparso in tutta Italia, nonché mediamente giovane
  2. Non offre ragioni valide per scegliere loro anziché altri
  3. Associa il proprio nome a qualcosa che fa ridere, decisamente non in linea col sentimento che in quel momento sta provando chi deve chiamare un’agenzia funebre

Eppure, proprio i creativi della Peyote ADV, agenzia che segue Taffo Funeral Services, ricordano che

“… l’importante è che la sostanza ci sia! Che ci sia informazione utile per le persone che guardano una campagna, un servizio, un prodotto con dei valori. Devono venir fuori i motivi per cui quell’azienda è più competitiva di un’altra: quelle sono le cose che rimangono al di là del modo eclatante con cui tu racconti una cosa…”


Corretto!

E allora, perché di tutto questo si fatica a trovar traccia nella comunicazione social di Taffo?

Faccio l’Avvocato del Diavolo e rispondo io a questa domanda:

i servizi funerari non sono qualcosa che si acquista in modo programmato.
Nessuno, nella norma, si sveglia un giorno e pensa 

quasi quasi mi informo su come organizzare il mio funerale e prenoto subito, magari c’è una bella offerta se mi affretto!“.

Non essendo programmabile, la strategia verte sul voler incuneare il Nome nella mente delle persone, così che quando un domani avranno bisogno di chiamare una agenzia funebre per un parente, senza stare a fare grosse ricerche, chiameranno la prima che gli viene in mente.
E la cosa di per sé avrebbe anche un certo senso, se non sussistessero i 3 problemi elencati poche righe fa.

Ma allora, perché Taffo continua ad agire in questo modo?

Riprenderemo questa domanda al punto n.3.

Nel frattempo, quando pensi alla TUA Brand Awareness, evita di cadere in queste trappole.

2) L’ironia e l’originalità sono un problema?

Rispondo subito:
NO, l’ironia e l’originalità non sono mai un problema in quanto tali.

Ironia e originalità sono un problema quando servono a coprire il fatto che tu, brand, non hai una cazzo di idea per cui dovresti essere differente rispetto ai tuoi competitor, e quindi preferibile da parte di una certa fetta di clienti con bisogni specifici.

È questo che rende ironia e creatività un problema.

Quando la ricerca della battuta a ogni costo serve a nascondere il fatto che la tua azienda non possieda nessuna caratteristica che la renda preferibile rispetto ai competitor, è un problema, perché vuol dire che è proprio l’azienda ad essere concepita male.

Al contrario, quando ironia e/o creatività aiutano a veicolare un posizionamento specifico, ben vengano.

È difficile coniugare funzionalità e divertimento, ma si può fare.
Qui, ad esempio, trovi una mini raccolta di spot che fece la Apple per spiegare perché preferire un Mac a un PC:=> 
https://www.youtube.com/watch?v=6gX-48FUXpg&t=372s

Erano spot ironici e originali, ma al tempo stesso spiegavano perché preferire uno all’altro.

O ancora, ricordi questo spot degli anni Novanta, in cui Nike si auto-dichiarava nei fatti Dea protettrice dello Sport (“Il Bene contro il Male”…)?=>
https://www.youtube.com/watch?v=BOM1k4oLGJU

Originale, creativo e cinematografico!

E allora Viva la Creatività, quando questa è legata a doppio filo al messaggio centrale che un Brand vuole trasferire ai propri potenziali clienti, lo rinforza e lo rende vivo.

Abbasso invece la creatività quando serve a coprire un’inconsistenza di fondo.

Non è tutto finito qui, però.

C’è almeno un altro caso in cui l’originalità aiuta.

Prendi il caso Unieuro.

Ultimamente Unieuro sta facendo dei post molto virali, grazie a una comunicazione divertente, o che perlomeno tenta di divertire.

Non da alcun motivo per preferire il loro Brand ai competitor.Non fa nulla per posizionarlo rendendolo qualcosa di unico e straordinario Non spiega perché valga davvero la pena spendere lì i propri soldi.

Tuttavia…

…se vai a vedere un loro post “normale”, senza battute o scherzi, in cui offrono un prodotto a prezzo iper-scontato, beh vedrai che quel post ha una roba tipo 300 like, una 70ina di commenti e una 30ina di condivisioni al massimo, spesso anche meno.

Diciamo quindi che quel post lo avranno visualizzato 1000 persone.

Ora, ipotizzando un tasso di conversione dell’1% sulle visualizzazioni (sto dando numeri a caso per capirci, ma nemmeno troppo campati in aria), quel post venderà 10 lavatrici.

Se adesso vai invece a vedere uno di quei post resi virali in modo incredibile, grazie a una sequenza di battute ben riuscite, troverai che i like sono 30mila, i commenti 8mila e le condivisioni 7mila.

Beh, usando le stesse proporzioni di prima, quel post probabilmente lo hanno visto non mille…ma 100mila persone!

Questo vuol dire che se il tasso di conversione restasse lo stesso (abbiamo detto, 1%), quel post venderebbe 1000 lavatrici invece che 10!

OK, dirai: il tasso di conversione non può essere lo stesso perché la stragrande maggioranza delle visualizzazioni non saranno da parte di gente in target, ma da parte di gente che vuole solo ridere e condividere la battuta simpatica!

Verissimo, hai ragione.

E allora, facciamo pure che il tasso di conversione crolli paurosamente, e passi dall’1% a, diciamo, lo 0.1%…

…Beh, nonostante il tasso di conversione bassissimo,
quel post avrà venduto comunque 100 lavatrici, invece che 10!

Ovvero, 10 volte tanto quello che vende un post “normale”, senza ironia e senza umorismo.

Cosa voglio dire con ciò?

Voglio dire che quando vendi commodity (perché la lavatrice è una commodity, perlomeno nell’opinione comune), e quando punti tutto il tuo marketing sul proporre al pubblico offerte stracciate…

…beh, raggiungere un numero paurosamente spropositato di persone potrebbe dare ottimi risultati, anche se la stragrande maggioranza di queste non sono affatto in target.

E se la battuta sagace è lo strumento che ti permette di raggiungere quel bacino di utenza gigantesco che stai cercando…va bene, vai con Dio!

Perché, anche se quel singolo post avrà percentuali di conversione ridottissime, saranno comunque percentuali calcolate su una base enorme di utenti, e quindi in valori assoluti avresti comunque volumi ragguardevoli.

In fondo, ogni famiglia italiana ha bisogno di una lavatrice, quindi prima o poi un tizio che si imbatta per caso in quel post e dica 

oh guarda fanno uno sconto da paura proprio ora che sto pensando di cambiare la lavatrice!

…lo becchi.

Certo, senza lavorare sul Posizionamento, il rischio sarà che un sacco di gente dirà sì 

“oh guarda, uno sconto da paura proprio ora che sto pensando di cambiare la lavatrice!”, 

ma poi aggiungerà anche 

“Aspetta, però! Fammi un po’ vedere se su Amazon, o presso altri rivenditori, la trovo ancora a meno!”

Sì, perché nei post di Unieuro alla fine ciò che attira realmente le persone sul prodotto è il prezzaccio.

Rendendo viralissimi i post grazie all’ironia, di fatto sottopongono la loro offerta stracciata all’attenzione di valanghe di persone.

Tuttavia, anche togliendo tutte quelle persone che andranno a cercare in giro per il Web offerte ancora più vantaggiose, la mole di visualizzazioni è tale che comunque beccherai qualcuno che non ha voglia di sbattersi a comparare i prezzi e comprerà il tuo prodotto immediatamente.

Insomma, alla fine, con un approccio del genere, e se (ripeto) vendi una commodity che punta tutto sul prezzo ribassato…le conversioni arrivano.

Quindi, da questo punto di vista, proprio male male non è, anzi.

Preciso al contrario che, tutte le supercazzole tipo “e poi così adesso la gente ricorderà il brand Unieuro perché ormai si è stampato in testa!”…

…sono stronzate.

La nostra mente non tiene un posticino riservato ad Unieuro solo perché ha letto un post divertente.

E il problema infatti è qui.

Il fatto che un singolo post, o due post, o tre post virali siano riusciti magari a portare a casa un numero di vendite più che soddisfacente, non da nessun motivo ai clienti per continuare a comprare da quell’azienda.

Nessun. Motivo. Per. Continuare.

A parte il Prezzo basso, ovviamente.

Ed è un problema, perché le aziende si reggono sui clienti che CONTINUANO a comprare, non sui clienti che comprano.

Claro, mis amigos?

3) I vantaggi di arrivare primi

Bene, torniamo a Taffo.

Non voglio sfuggire alla domanda che molti si pongono.

Ovvero: 

va bene, tutto chiaro…ma se da anni Taffo continua a comunicare in questo modo, ci sarà un motivo, no?

Sì, sicuramente c’è un motivo.

Evidentemente qualcosa che funziona c’è, altrimenti avrebbero smesso.

Innanzitutto, va dato loro atto che sono arrivati prima di tutti.

In un settore dominato da comunicazione lugubre e arida, hanno rappresentato una novità straordinaria.

Questo nessuno può toglierglielo.

E chi arriva prima, spesso trae vantaggio.

Faccio un esempio apparentemente scollegato: 

Marco Montemagno.

Quando Marco Montemagno è planato sui social in modo dirompente godeva già di un briciolo di popolarità per via di un trascorso televisivo su Sky TG24, ma era nei fatti un perfetto sconosciuto.

È esploso come fenomeno portando sui social (all’epoca soltanto Facebook) la filosofia – innovativa per l’Italia – di “produrre un video al giorno”.

Non aveva un posizionamento specifico, si rivolgeva a tutti e a nessuno.
Parlava di digital, ma anche di marketing, ma anche di public speaking, ma anche di come svegliarsi la mattina presto per andare a correre, ma anche della biografia di personaggi famosi, …

Insomma, di tutto un po’, e a tutti un po’.

Ha avuto però l’intelligenza (o il culo) di arrivare in un momento in cui in Italia nessuno pubblicava contenuti con questa strabordante intensità.

E così facendo ha raccolto intorno a sé un pubblico immenso in brevissimo tempo.

Così, anche se in mezzo a quel pubblico c’era di tutto, dalla sciura Maria all’imprenditore veneto passando per l’aspirante startupper fuorisede, era un’audience talmente vasta che il giorno in cui ha deciso di iniziare a monetizzare la sua popolarità…

il gioco è riuscito!

Perché in quel gran minestrone qualche ortaggio buono c’era comunque finito.

Insomma, quando arrivi per primo con qualcosa che spariglia parecchio le carte, la possibilità che arrivino anche delle opportunità esiste, ed è concreta.

ATTENZIONE però: questo non significa che la strategia che utilizzi sia di per sé funzionale ed efficace.

Quello che può essere (in alcuni casi) efficace è l’averla utilizzata per primi.

Ad esempio: pubblicare un video al giorno sui social, di per sé, NON è una strategia efficace.

Riempire il feed di video in cui blateri ogni giorno di tutto e niente non ha alcuna utilità (mentre al contrario ha molta utilità pubblicare pochi video ma estremamente curati, mirati e che colpiscano nel segno).

TUTTAVIA…essersi cimentati in questo esperimento per primi, ha destato l’attenzione del pubblico, e quindi ha sortito un effetto molto positivo e di grande efficacia. 

Ma solo per il primo che l’ha fatto.
Stop.

Esempio becero: ce l’hai presente Frank Matano?

Frank Matano è diventato famoso facendo peti sulla gente al parco (sì, hai capito bene), e mettendo quei video su YouTube.

Spero saremo d’accordo sul fatto che fare peti addosso alla gente al parco, non sia una strategia che rende famosi.

TUTTAVIA…

Il fatto che nessuno lo avesse fatto prima di lui, questo sì lo ha reso famoso.

Capisci la sottile, ma SOSTANZIALE, differenza?

Essere i primi a fare qualcosa può, in alcuni (rari) casi, funzionare.
Questo però non rende quella cosa lì, una cosa necessariamente corretta da fare.

Spero di essere stato chiaro su questo passaggio, perché è sottile, ma fa tutta la differenza del mondo.

Possiamo riassumere il concetto così:

  • una attività è corretta da mettere in atto quando dimostra la sua efficacia nel tempo 
  • quando dimostra la sua efficacia solo per il primo che l’ha messa in atto, allora ciò che ha funzionato è stato il “fattore novità”, non l’attività in sé.

Bene.

Cosa c’entra Taffo?

C’entra eccome 

Taffo ha avuto il coraggio di adottare una comunicazione totalmente inusuale per il settore in cui opera.

E questo, in termini di visibilità, ha pagato.

Aver avuto il coraggio di arrivare per primo ha dato effetti positivi.

Tanto che oggi Taffo è diventato quasi sinonimo di “agenzia funebre”!

(anche se quasi solo su un pubblico mediamente giovane, a ben vedere…)

Per una fetta di pubblico, il brand Taffo è diventato praticamente sinonimo della categoria intera.

Un po’ come “Scottex” è diventato sinonimo di “rotolone di carta assorbente”.
O “Borotalco” sinonimo di qualsiasi prodotto a base di talco e acido borico.
O “Nutella” di crema spalmabile alla nocciola.

Ecco, per una fetta di pubblico, “Taffo” è l’agenzia funebre per antonomasia.

Bada bene, ho scritto “per una fetta di pubblico”, e non “per una fetta di clientela”.

Nel senso che questa assimilazione fra Brand e Settore è avvenuta nella testa di molte persone (peraltro nella fascia d’età medio-giovane), ma nessuno può sapere se quelle persone utilizzeranno mai i loro servizi.

Quindi, tecnicamente, si tratta di una conquista inutile.

Ma al netto di questo, non si può negare che sia una conquista di tutto rispetto e molto complessa da ottenere!

Quindi, davvero buon per loro.

La domanda ora è: 
cosa te ne fai di questa notorietà?

E qui dovrebbe intervenire una vera strategia di marketing.

Una strategia che metta in leva la notorietà, andando a parlare più da vicino con una fetta di pubblico spiegando perché, quando sarà il momento dell’ultimo viaggio, scegliere Taffo rappresenterà la scelta migliore.

Magari proprio sfruttando il clima di “leggerezza” che hanno avuto il merito di creare attorno a un argomento difficile come la morte.

Insomma, della serie: 

ora che hai capito che con noi puoi parlare senza tabù, lasciami il tempo di spiegare in che modo saremo bravi a rendere speciale l’ultimo saluto alle persone a te più care.

Ma di questo aspetto, a onor del vero, non si vede traccia nella sua comunicazione.

Taffo sostiene che il fatturato sia aumentato da quando hanno iniziato a comunicare in questo modo irriverente.

Alcuni dati relativi agli anni 2015 e 2016 sono pubblici e facilmente rintracciabili, e sembrerebbero affermare che i numeri non sono così rosei, perché a fronte di un fatturato aumentato c’è stato un crollo del margine, che è in effetti l’unica cosa importante.

Per conoscere i dati degli anni successivi basterebbe in realtà una visura camerale, spendendo poche centinaia di euro.

Ma ti dico la verità: a me, sapere se il fatturato sia aumentato, non sposta nulla.

E anzi, se dicono che è aumentato, davvero non ho motivi per non credere loro.

Se lo affermano, sarà sicuramente aumentato (poi dovremmo vedere il margine, ma questa è un’altra storia).

Perché il fatturato può essere aumentato per mille motivi diversi.

Al di là del fatto che Taffo in realtà non è una sola e unica agenzia funebre, ma si tratta di più agenzie condotte da parenti e cugini.

Se vai in rete, infatti, trovi infatti taffo.comtaffofuneralservices.ittaffonoranzefunebri.it.

Quindi, anche solo per questa “frammentazione”, sarebbe difficile analizzare le cause dirette dell’aumento di fatturato.

A parte questo, i fatturati potrebbero aumentare in virtù degli eventi a cui ormai Taffo presenzia come Guest Star (io stesso ho partecipato a una festa di Halloween a Roma in cui Taffo aveva curato tutto l’allestimento “funebre”), possono derivare dal merchandising, possono derivare dal franchising (sì, perché, attirati dalla popolarità del brand Taffo, devi sapere che molti aspiranti imprenditori hanno iniziato proprio di recente ad aprire agenzie funebri in Italia sotto il brand Taffo).

Insomma, se anche il fatturato è aumentato (e, ripeto, non ho motivo per non crederlo e anzi sono convinto che sia effettivamente aumentato), non possiamo sapere se l’aumento sia legato al maggior afflusso di clienti o ad altri fattori.

Insomma, se l’intento delle attività di Brand Awareness, completamente slegate dai servizi offerti, era quello di invogliare più clienti ad affidarsi a Taffo per l’ultimo viaggio..

…non abbiamo elementi per sapere se questo ha funzionato.

Se vado sulla loro pagina Facebook (che oggi ha 290mila like, tantissimi per una pompa funebre) e vado a spulciare le recensioni, trovo che la maggior parte degli utenti si divide fra chi fa i complimenti per la vena umoristica (“Siete fortissimi, geniali!”), e chi si congratula per il buon servizio di sepoltura animali domestici (“avete curato benissimo il mio adorato Fuffy”).

Insomma, recensioni bislacche da trovare su una pagina di servizi funerari.

Poi ci sono altri commenti molto più sparuti, divisi fra chi ringrazia per il servizio svolto con professionalità, e chi invece si lamenta per la scarsa professionalità (“dovreste spendere meno soldi sui social e più soldi per formare il vostro personale!”).

Ma vabbè, il fatto che ci sia gente soddisfatta e gente insoddisfatta è perfettamente usuale per qualsiasi servizio, dal ristorante alla guida turistica.

Un gran peccato, però, che nessuno degli utenti faccia riferimento a servizi differenzianti.

Perché vedi, alla fine torniamo sempre lì.

Perché un conto è arrivare primo nella mente dei consumatori per la forma della comunicazione (cosa che Taffo è riuscita a fare alla grande, chapeau), e un altro conto è arrivare primo grazie alla sostanza, ovvero un servizio straordinario e unico.

Qui si gioca la partita sul lungo termine.

Anche perché – e questo non viene mai evidenziato abbastanza – la “forma della comunicazione” ha due grossi difetti:

1 – può essere facilmente copiabile da chiunque
2 – alla lunga rischia di diventare stucchevole e rompere i coglioni

La sostanza, invece, ovvero il possedere un servizio che abbia dei punti di forza riconoscibili e distintivi, può durare per decenni o secoli, andandosi a rinforzare nel tempo.

Ammesso e non concesso che la notorietà renda più probabile il fatto che la gente ti chiami quando ha bisogno di un servizio come il tuo, se poi alla fine non offri qualcosa di distintivo per cui valga la pena essere ricordato e consigliato, quella stessa gente finirà per valutare soltanto il tuo prezzo.

E se lavori esattamente come lavorano gli altri, ma sei solo più caro, andranno da un altro.

Per carità, nel caso specifico delle pompe funebri, è probabile che dato il momento straziante, i clienti lì per lì non stiano a far grossi conti, e paghino senza far troppe storie. 

Questo, però, non impedisce che un giorno, a mente più fredda, chiacchierando con i propri conoscenti, possano dire

Ah sì, mi sono servito da Taffo, quelli famosi dei social. 
Mah, che devo dirti…servizio normale, in compenso si sono fatti pagare assai
”.

Perché vedi, la notorietà ha dei pregi ma anche dei bei difetti: ovvero, è più probabile che la gente parli di te.
Nel bene, e nel male.

Infatti, è difficile che normalmente qualcuno si trovi a commentare con gli amici come si sia trovato con una agenzia di pompe funebri…

…ma se ti sei servito dai più famosi d’Italia, quelli che scherzano sulla morte, quelli di cui tutti si chiedono se siano bravi oltre che simpatici, beh…

…è molto più probabile che la curiosità e la discussione possano nascere fra conoscenti, a mente fredda e a funerale ormai lontano.

4) …e QUINDI?

In conclusione, qui nessuno ce l’ha con Taffo.

Anzi, onore e merito a loro per essere diventati un caso di studio interessante, da anonima agenzia funebre locale che erano.

L’opinione che mi sono fatto, leggendo molto e ascoltando tantissime interviste ai vari titolari, nonché ai responsabili dell’agenzia creativa che li segue, è che semplicemente abbiano cominciato per scherzo e poi gli sia esplosa in mano una notorietà più grande di quanto non immaginassero (i social questo scherzo, nel male ma anche nel bene, lo fanno…).

E a quel punto abbiano continuato a cavalcare l’onda, come è comprensibile che sia.

Pur senza numeri in mano – e con tutte le difficoltà di valutare un business diviso su più aziende che hanno lo stesso nome ma sono gestite in modo diverso, e che per giusta comunicano in modo diverso – sono assolutamente convinto che oggi, fra una cosa e l’altra, guadagnino più di quanto guadagnassero prima.

Per cui buon per loro.

Probabilmente i maggiori guadagni derivano più da attività collaterali (eventi, ospitate, merchandising, franchsing) che non dalla attività vera e propria di onoranze funebri.

Ma, anche fosse (e non posso saperlo), poco importa.

Questo non sposta il fatto che questa NON sia una strategia di marketing.

Strategia è tutto ciò che è in qualche modo replicabile, e di cui sai riconoscere e misurare cause ed effetti.

Altrimenti non è strategia, è roulette russa.

Perché vedi, ci sono ragazze e ragazzi che, partecipando al Grande Fratello, si sono poi ritrovati a fare televisione nella vita e a sbarcare il lunario così per anni.

Ma se tua figlia o tuo figlio ti chiedessero un giorno: 

“Mamma, papà, qual è la STRATEGIA PRINCIPALE per ottenere il successo professionale?”…

tu risponderesti forse

“Amore mio, partecipa subito a un bel reality!”..

???

Immagino di no.

E non per snobismo, ma per realismo.

Perché sai che quella NON è una strada che puoi governare e controllare.

Il fatto che a qualcuno sia andata di culo, grazie soprattutto al fatto di esserci capitati per primi, non cambia di una virgola il ragionamento.

Quel che conta sono i numeri!, mi si potrebbe rispondere.

Beh, ni.

Per il proprio conto in banca sul momento, sì, confermo che quel che conta siano solo i numeri.

Ma per la crescita sana di un business, la cosa più importante è COME e PERCHÉ hai fatto, o stai facendo, determinati numeri.

COME PROFESSIONISTA, QUALI LEZIONI POSSO PORTARMI A CASA DALLA STORIA DI TAFFO E DEI SUOI “FRATELLI” SPUNTATI IN ALTRI SETTORI?

Sono profondamente convinto che in tutte le storie ci sia qualcosa da imparare, che esistano i toni del grigio e che anche laddove giganteggi il nero si possano scorgere dei puntini bianchi da cogliere. 

Ecco cosa mi appunterei sulla mia Agenda se fossi in Te, oggi.



1 – Attirare l’attenzione, specie in un mondo social, è relativamente facile, nel male e nel bene

2 – Senza Posizionamento, però, non hai controllo sul tipo di attenzione che attrai, e questo nella maggior parte dei casi rischia di tradursi in un danno enorme che può potenzialmente distruggere la tua attività

3 – Arrivare per primi è sempre un vantaggio straordinario, ma devi cercare di arrivare per primo grazie a un servizio unico (che devi ovviamente comunicare!) e non per il tipo di comunicazione in sé, perché quella è copiabile da chiunque, e alla lunga può anche diventare noiosa

4 – Pur arrivando per primo grazie “solo alla forma”, potrebbe capitare di godere comunque di alcuni vantaggi; 
bene, la Fortuna in quel caso ti ha baciato, adesso usala al meglio, offrendo ai clienti un servizio stupefacente in grado di confermare che, dietro quella comunicazione “originale”, c’è una sostanza dal Dna distinto e distintivo

5 – Ciò che paga sul lungo termine è il tuo Posizionamento: se sei bravo/a abbastanza nel comunicarlo ANCHE in modo originale, creativo, ironico, divertente…vai con Diòs

6 – Puoi permetterti di fare una comunicazione solo “di Brand” o “di Logo” solo se sei il numero Uno indiscusso del tuo settore e ne rappresenti la categoria nella mente delle persone, altrimenti devi spiegare perché devo sceglierti

7 – Quando comunichi, ricordati di parlare con lo stesso linguaggio delle persone a cui ti rivolgi (Taffo, sui social, parla il linguaggio dei giovani…vedi “È mejo se nun lo prendi er muro, fratellì”...)

8 – Parla di cose che interessano al tuo pubblico (l’agenzia creativa che segue Taffo, prima di realizzare un post qualsiasi, fa una analisi del “social sentiment” per individuare un tema di cui tutti parlano, assicurandosi così l’hype per 2-3 giorni filati)

9 – Non aver paura di rendere pubbliche le tue opinioni, rivelando CHI SEI, oltre che COSA VENDI (anche questo, Taffo lo fa egregiamente, schierandosi spesso rispetto ai temi sociali), perché la gente vuole parlare con persone vere, e non con aziende

10 – più dei numeri, conta COME e PERCHÉ stai producendo quei numeri

Tutto il resto è chiacchiera.

Come quando litighi con gli amici per decidere se lo scudetto lo meriti più la Juve, la Roma o l’Inter.

Chiacchiere belle appassionanti, coinvolgenti.

Ben vengano, quindi!

Ma non aiuteranno il tuo Business di una virgola.

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